Cina: Xi Jinping accumula poteri senza precedenti all’ombra della crisi

Il XX Congresso del Partito comunista cinese (Pcc), al governo della Cina, ha ulteriormente consolidato il potere del partito-Stato sulla società, con a capo il presidente Xi Jinping. Questi ha formalmente inaugurato un terzo mandato come leader supremo del Paese – impresa riuscita al solo Mao nella storia della Repubblica popolare cinese. I massimi vertici del Pcc sono ora occupati per intero da fidi luogotenenti di Xi. Il tormentone di questo congresso ha riguardato l’indispensabilità del ruolo dirigente del partito-Stato per traghettare il Paese nel prossimo periodo.

In Cina, dove il capitalismo è amministrato da una burocrazia sedicente “comunista”, i congressi del Pcc sono i fatti politici di maggior rilevanza a cui si assiste. Quest’anno l’assise si è aperta nel mezzo della più grave crisi economica e sociale attraversata dalla Cina da decenni a questa parte. Il rallentamento della crescita economica, la soverchiante rabbia sociale contro i draconiani lockdown riguardo al Covid-19, ripetuti blackout e crisi come quella di Evergrande sono alcune delle tante problematiche che stanno erodendo la stabilità del regime Pcc con crescente rapidità.

Un settore decisivo della burocrazia del Pcc prevede un aumento dell’instabilità e Xi Jinping è colui che più sostiene un rafforzamento del controllo del partito-Stato sulla società per prepararsi alle esplosioni sociali che covano. Tale rafforzamento dei poteri di Xi e del Pcc in generale riflette le crescenti contraddizioni nelle viscere della società. Il XX Congresso non è che un passaggio chiave in questo processo.

Nuovi dirigenti e massimo consolidamento

A questo congresso Xi Jinping ha tracciato un orientamento generale per la burocrazia sottoforma dei cambiamenti alla direzione del partito, degli emendamenti al suo statuto e dei documenti congressuali resi pubblici al resto del mondo. Di solito si tratta del frutto di decisioni prese con mesi di anticipo, attraverso scontri a porte chiuse tra le varie fazioni interne al partito. La composizione della direzione e la linea politica che ne risultano riflettono il rapporto di forze tra le tendenze in seno alla burocrazia.

Quest’anno Xi Jinping ha ottenuto un terzo mandato come massimo dirigente del Paese. Si tratta di una possibilità che si riteneva fosse stata ormai esclusa dal gruppo dirigente di Deng dopo la morte di Mao per impedire l’emergere di un altro dittatore e favorire la direzione collettiva della burocrazia. Il XX Congresso ha messo fine a questa tradizione non scritta e Xi Jinping ha preso ora le sembianze proprio di quel dittatore a cui Deng e compagnia avrebbero voluto mettere un argine quarant’anni fa.

In effetti è andata in pezzi anche un’altra “regola” stabilita da Deng: quella di segnalare chiaramente un successore all’interno del massimo vertice. Nessuno dei nuovi membri del Comitato permanente dell’Ufficio politico è evidentemente indicato come tale. Xi potrebbe benissimo mirare a ulteriori mandati al potere, e magari persino diventare presidente a vita.

Nulla di sorprendente se si tiene conto che Xi aveva già alluso a simili ambizioni nel 2018, quando impose un emendamento costituzionale che aboliva i limiti di mandato per il presidente e vicepresidente della Repubblica.

Ma l’accentramento del potere nelle mani di Xi sorge dalla necessità più generale della burocrazia del Pcc di rafforzare la propria morsa autoritaria davanti alle crescenti contraddizioni in seno al capitalismo cinese e mondiale e al fermento dal basso. Xi ha convinto la maggioranza del partito che solo la centralizzazione di un controllo più marcato sulla società e sull’economia può mettere in salvo la dittatura, i privilegi e i profitti del Pcc.

Se però sul ruolo di Xi non ci potevano essere dubbi, quel che al mondo interessava scoprire era la composizione del Comitato permanente (Cp), cioè i sette uomini più potenti della Cina che coadiuveranno Xi nel prossimo quinquennio. Dai tempi di Deng nel Cp è stato rappresentato, in modo più o meno proporzionale, il grado di potere delle varie fazioni del Pcc, ciascuna delle quali teneva le altre sotto controllo nel governo del Paese. Inoltre, come già affermato, nel Cp siedeva di solito l’individuo, spesso sui cinquant’anni, che era stata chiaramente indicata come successore.

Il nuovo Cp ha visto Xi gettare questa tradizione alle ortiche. Chiunque fosse visto come un potenziale contrappeso a Xi è stato tolto di torno. Ora il Cp è composto esclusivamente dai suoi subordinati più stretti e fedeli.

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