Gli Usa hanno fatto esplodere il gasdotto Nord Stream, sostiene un celebre giornalista americano

Il 26 settembre 2022, è giunta la notizia delle esplosioni ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, che collegano la Russia e la Germania. Le detonazioni hanno reso inutilizzabili tre tubature su quattro e hanno causato il rilascio di ingenti quantità di gas nel Mar Baltico. I politici ucraini e occidentali hanno immediatamente condannato il “sabotaggio russo”: una affermazione che è stata ripetuta alla lettera da tutti i principali media, senza un briciolo di prova, come parte del vortice implacabile della propaganda di guerra. Adesso, una denuncia clamorosa da parte di un celebre giornalista americano accusa gli Stati Uniti di aver orchestrato l’attentato.

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Prima di dare un’occhiata a questa nuova inchiesta, cerchiamo di capirne il retroscena. Non è un segreto che gli Stati Uniti si sono opposti a lungo ai gasdotti Nord Stream, di cui l’azienda statale russa del gas, la Gazprom, possiede quote di maggioranza, che rifornivano l’Europa di ingenti quantità di gas naturale russo a buon mercato, riducendo la dipendenza del continente dall’energia statunitense.

A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, il flusso di gas naturale che passava dal Nord Stream è stato più volte ridotto per poi arrestarsi del tutto. Sebbene la Russia abbia dichiarato che l’arresto era dovuto a “lavori di manutenzione”, era chiaro che il Nord Stream sarebbe potute essere utilizzato come una leva: interrompere l’approvvigionamento di gas e fare impennare il costo dell’energia nell’Europa avrebbe eroso il sostegno popolare all’invio di armi in Ucraina.

Perché la Russia dovrebbe bombardare i suoi stessi gasdotti?

Allorché le esplosioni vennero rese note, l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri Josep Borrell lanciò un’accusa appena velata alla Russia per conto dell’Unione Europea: “qualsiasi danneggiamento all’infrastruttura energetica europea è del tutto inaccettabile e troverà una risposta forte e unitaria”. Ma la Russia negò di avere avuto alcun ruolo nel sabotaggio, e il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov definì tale idea “stupida e assurda”.

Questo per noi è un grande problema, prima di tutto perché entrambe le tubature del Nord Stream 2 sono piene di gas”, disse Peskov. “L’intero sistema è pronto a pompare gas e il gas è molto costoso… adesso il gas si sta disperdendo nell’aria. Abbiamo interesse che ciò avvenga? No, non lo abbiamo, abbiamo perso un canale per rifornire l’Europa di gas”. Un’osservazione ragionevole, a voler essere sinceri. Quale motivo potrebbe mai avere la Russia per bombardare i suoi stessi gasdotti, privandosi non solo di un’importante fonte di rendita, ma anche di un potente strumento per ricattare gli alleati europei dell’Ucraina?

Nonostante tutto ciò, il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak accusò immediatamente e apertamente la Russia di aver compiuto un attacco terroristico con l’obiettivo di “destabilizzare la situazione economica in Europa e provocare il panico in vista dell’inverno”. Gli stati baltici anti-russi si sono uniti al coro, con il ministro degli esteri lettone Edgars Rinkēvičs che delirava su Twitter a proposito di “una nuova fase di guerra ibrida”.

Questa versione venne ripetuta dalla maggioranza dei leader politici e dei commentatori in Occidente, tra cui il ministro dell’economia tedesco Robert Habeck che affermò: “La Russia che dice “non siamo stati noi” è come dire “non sono un ladro”. Quattro giorni dopo le esplosioni il Segretario all’energia americano Jenniger Granholm disse alla BBC che “sembra” che il colpevole sia la Russia. Nel frattempo, un alto funzionario dell’Agenzia Europea per l’Ambiente diceva al The Washington Post che “nessuno sulla sponda europea dell’oceano sta pensando che non si tratti di un sabotaggio russo”.

L’inchiesta

Tuttavia, con il passare dei giorni e delle settimane, hanno cominciato a aprirsi delle crepe in questa narrazione. È stata avviata un’inchiesta da Svezia e Danimarca, che controllano la zona economica sottomarina nella quale le tubature sono esplose. Come c’era da aspettarsi, non hanno permesso alla Russia di partecipare, sebbene essa sia l’azionario di maggioranza dei gasdotti. Il Pubblico Procuratore Generale tedesco ha lanciato la sua inchiesta il 10 ottobre 2022, con l’ausilio della marina tedesca, dato che il Nord Stream approda sul territorio tedesco e il settore energetico del paese è stato quello che ha subito il danno maggiore.

Ma una curiosa divisione è presto venuta alla luce. La Svezia ha annunciato di “non essere interessata” a mettere in piedi un’inchiesta congiunta con la Germania sotto la giurisdizione di Eurojust, l’agenzia europea che si occupa si risolvere i crimini transfrontalieri. Un portavoce dell’ufficio del procuratore svedese ha attribuito la decisione alla “segretezza legata alla sicurezza nazionale”. Il 15 ottobre, il governo tedesco ha ammesso (in un’inchiesta parlamentare lanciata da Die Linke) che non c’è stata nessuna indagine sul campo e che non avrebbe divulgato informazioni su navi russe o della Nato presenti nei pressi del sito il giorno del sabotaggio, adducendo “segreti di stato”.

E dopo mesi dalle indagini, nessuno di questi tentativi separati è stato in grado di incolpare Russia. Una perizia di 23 funzionari diplomatici e dei servizi segreti di nove paesi ha concluso che “finora non c’è alcuna prova che dietro il sabotaggio ci sia la Russia”. Anche il Procuratore Generale tedesco Peter Frank ha dichiarato nel febbraio 2023 che il coinvolgimento della Russia non può essere provato “al momento”.

Un articolo recente del The Washington Post sottolinea che gli Stati Uniti “intercettano in maniera regolare le comunicazioni tra i funzionari russi e le forze militari”, e finora “gli analisti non hanno ascoltato o letto affermazioni da parte russa che davano credito al fatto- o suggerivano- che stessero cercando di coprire il proprio coinvolgimento”. Possiamo assumere che a qualsiasi indizio a tal proposito sarebbe stato data la massima pubblicità. E quando è emerso che la Russia stava analizzando in modo discreto le stime del costo della riparazione delle tubature, il New York Times è stato costretto a descrivere la notizia come un fatto “che complica le teorie riguardo a chi si celi dietro l’attacco”.

Adesso, alcuni funzionari europei stanno esprimendo scetticismo rispetto al coinvolgimento della Russia e uno di essi è stato citato dal Post mentre ammetteva che “il ragionamento per cui sia stata la Russia [a attaccare le tubature] non ha mai avuto senso per me”. Un altro si è lamentato delle accuse premature e eccessive, dicendo: “i governi che hanno aspettato a commentare e a tirare conclusioni hanno agito correttamente”. Molte di queste cose vengono dette privatamente, o in maniera anonima, com’è ovvio. Questi funzionari non possono farsi vedere mentre si discostano dalla linea ufficiale di sostegno unanime all’Ucraina e alla condanna assoluta della Russia, la quale sembra essere l’unica responsabile di tutti i mali del mondo.

In ogni caso, i dubbi cominciano a venire a galla in maniera più aperta sulla stampa. Il Times riporta che la Germania è “aperta a ipotesi per cui uno stato occidentale abbia effettuato il sabotaggio con l’obiettivo di scaricare la colpa sulla Russia”.

A chi giova?

La guerra ucraina è stata caratterizzata da un fiume di menzogne e di propaganda fin dall’inizio, il che ha svolto un ruolo altrettanto importante nel conflitto che i proiettili e le bombe. Quando si tratta di dissipare la densa nube di disinformazione attorno a incidenti come quello del Nord Stream, la prima domanda che dobbiamo porci è: a chi giova?

Chiaramente era negli interessi dell’Ucraina che la Russia perdesse una delle sue leve fondamentali nei confronti degli alleati europei di Kiev alla soglia dell’inverno, con le basse temperature e gli alti costi dell’energia che avrebbero potuto esercitare una pressione, in particolare sulla Germania, a perorare la pace piuttosto che l’invio di nuove armi. Il sabotaggio si confà anche agli interessi degli Stati Uniti, che non volevano terminare la guerra “prematuramente”, ma piuttosto far sprofondare la Russia in un pantano il più a lungo possibile (pur senza lasciarsene direttamente coinvolgere).

Oltre ciò, il sabotaggio ha rimosso una storica spina nel fianco dell’imperialismo americano, in termini di dipendenza dell’Europa dall’energia russa. A una conferenza stampa dello scorso settembre riguardo alle conseguenze del peggioramento della crisi energetica nell’Europa occidentale, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha parlato del sabotaggio del Nord Stream come “un’opportunità straordinaria di porre fine una volta per tutte alla dipendenza dall’energia russa e così privare Vladimir Putin della possibilità di usare l’energia come un’arma per fare avanzare i suoi disegni imperiali. Questo è molto significativo e ci offre un’opportunità strategica straordinaria per gli anni a venire”.

Il Sottosegretario di Stato per gli Affari Politici degli Stati Uniti Victoria Nuland, parlando al senatore texano Ted Cruz (un portavoce della lobby americana del petrolio) a un’udienza del Comitato delle Relazioni Estere nel gennaio 2023, ha detto “Come te, io sono, e penso che lo sia anche l’Amministrazione, molto felice di sapere che il Nord Stream 2 ora, come piace dire a te, è un ammasso di ferraglia in fondo al mare”.

Gli americani hanno anche fatto aperte allusioni al loro coinvolgimento. Il 7 febbraio, meno di tre settimane prima dell’invasione russa dell’Ucraina, il presidente americano Joe Biden ha affermato durante una riunione alla Casa Bianca, in presenza del Cancelliere tedesco Olaf Scholz: “Se la Russia invade… non ci sarà più un Nord Stream 2. Gli metteremo fine”.

Qualche settimana prima, Nuland aveva detto a una riunione del Dipartimento di Stato: “Voglio essere molto chiara con voi oggi: se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o in un altro il Nord Stream 2 non andrà avanti”. In un’allusione un po’ meno sottile (che potrebbe essersi basata su raffinate congetture), il membro del Parlamento europeo ed ex-Ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski twittò un’immagine delle conseguenze dell’esplosione con il messaggio : “Grazie Usa”. Il tweet è stato in seguito cancellato.

Certo, solo perché gli Stati Uniti avevano da lucrare da questo attacco non necessariamente è una prova di colpevolezza. Inoltre, c’erano molti rischi inerenti all’orchestrazione di ciò che è stato descritto dalle potenze europee – in maniera abbastanza corretta- come un deliberato atto di terrorismo, contro un’infrastruttura civile, nelle acque della Nato, rivolta a condannare milioni di persone alla povertà energetica in paesi che si suppone che siano alleati degli Stati Uniti. Nessuno ha prodotto alcuna prova o una più approfondita spiegazione del coinvolgimento americano nel sabotaggio, fino a ora.

“Un atto di guerra”

In un post su Substack di cinquemila parole intitolato “How America Took Out The Nord Stream Pipeline“(Come l’America ha distrutto il gasdotto Nord Stream), il giornalista d’inchiesta Seymour Hersh cita una fonte anonima “con conoscenza diretta del piano operativo”, per accusare gli Stati Uniti di aver sabotato il Nord Stream, con il coinvolgimento della Norvegia.

Hersh non è un blogger della domenica, bensì un serio giornalista che ha vinto il premio Pulitzer per aver denunciato il massacro di My Lai nel 1968, nel quale le truppe statunitensi massacrarono centinaia di civili vietnamiti a sangue freddo. Scrivendo per il New York Times, nel 1974 rivelò anche l’Operazione CHAOS, nella quale la Cia spiò illegalmente dieci mila cittadini americani come parte di un’indagine sul movimento contro la guerra in Vietnam.

Le ripetute indagini di Hersh sulle operazioni criminali dell’imperialismo americano hanno prevedibilmente attirato attacchi alla sua reputazione personale. È stato messo alla gogna per aver messo in discussione l’affermazione che il governo di Assad in Siria abbia usato armi chimiche su civili; e per aver accusato gli Stati Uniti di mentire riguardo agli eventi legati alla morte di Osama bin Laden. Sorprende poco che il suo articolo sul Nord Stream sia comparso su una piattaforma libera di blogging piuttosto che su uno dei principali organi di stampa.

Il post su Substack ha attirato critiche per aver fatto affidamento su una singola fonte anonima, sebbene questa sia una pratica tutt’altro che insolita nel giornalismo, soprattutto nel caso di storie politicamente sensibili. Non abbiamo alcun modo di verificare in maniera indipendente le affermazioni di Hersh, ma il suo articolo è accurato, ben scritto, e – soprattutto- è coerente con i fatti riconosciuti. Anche le sue credenziali parlano da sé.

Hersh nota che, “fin dall’inizio, il Nord Stream 1 è stato visto da Washington e dai suoi partner della Nato anti-russi come una minaccia al dominio occidentale”. Egli parla dell’opposizione al Nord Stream 2 (che era completo ma ancora non forniva gas nel momento dell’attacco), che andava intensificandosi alla vigilia dell’inaugurazione della presidenza di Biden nel gennaio 2021, quando i Repubblicani al senato, guidati da Cruz, “ripetutamente evocavano la minaccia politica del gas naturale russo a buon mercato durante l’udienza di conferma di Blinken come Segretario di Stato”.

Quando sanzioni e altre forme di pressione diplomatica non riuscirono a convincere il governo tedesco, allora guidato da Angela Merkel, a non proseguire con il Nord Stream 2, il Dipartimento di Stato repentinamente ritirò le sue sanzioni nel maggio 2021. In risposta a questa inversione di 180 gradi, i Repubblicani infuriati bloccarono prontamente in Senato tutti i candidati di Biden ai ruoli di politica estera e posticiparono l’approvazione del bilancio annuale della difesa. Insieme con la scomposta ritirata statunitense dall’Afghanistan in estate, la giravolta sul Nord Stream 2 veniva percepita come una grave minaccia alla posizione di Biden.

Di conseguenza, il nuovo cancelliere tedesco Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron rivendicarono una maggiore autonomia da Washington sulla politica estera. Con la sua posizione globale intaccata, gli alleati sempre meno fiduciosi, e le truppe russe accalcate al confine con l’Ucraina, Washington temeva che la dipendenza europea dal gas russo avrebbe reso paesi come la Germania riluttanti a fornire a Kiev denaro e armi in caso di una guerra.

Tutti questi fattori portarono Biden a chiedere al Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan di riunire una squadra per giungere a un piano su come procedere riguardo al Nord Stream. Questa task force includeva rappresentati del Consiglio dei Capi di Stato Maggiore, della Cia, e dei dipartimenti di Stato e del Tesoro. Hersh afferma che la decisione di sabotare le tubature arrivò dopo “più di nove mesi di un dibattito travagliato e assolutamente segreto all’interno degli ambienti della sicurezza nazionale a Washington su quale fosse il modo migliore per raggiungere quell’obiettivo”. Era chiaro che “un azione che potesse essere fatta risalire all’amministrazione avrebbe violato le promesse degli Stati Uniti di minimizzare il conflitto diretto con la Russia”. Perciò, “la segretezza era essenziale”.

“Questo non è un gioco per bambini”, dice la fonte di Hersh, “È un atto di guerra”. Infatti, alcune voci nella Cia e nel Dipartimento di Stato erano fermamente contrarie all’idea e dicevano: “Non fatelo. È stupido e sarebbe un incubo politico se dovesse venire allo scoperto”. Questi cospiratori più cauti furono lasciati a strapparsi i capelli quando la Nuland e Biden accennarono a “mettere fine” al Nord Stream all’inizio del 2022. “Era come mettere una bomba atomica sul suolo di Tokyo e dire ai giapponesi che avevamo intenzione di farla esplodere”, dice la fonte. “Il piano era che le opzioni sarebbero state eseguite dopo l’invasione e non dichiarate pubblicamente. Biden semplicemente non lo comprese o lo ignorò”.

Gli Stati Uniti e la Norvegia hanno collaborato per fare esplodere il Nord Stream?

Ma uno degli effetti collaterali del fatto che Biden e Nuland avessero scoperto le carte fu che alcuni alti funzionari della Cia conclusero che l’operazione non era più segreta, “poiché il Presidente annunciò precisamente che sapevamo come farlo”. Come risultato, il piano di fare esplodere i gasdotti venne declassato da operazione di intelligence segreta a “altamente riservata”, il che significava che non c’era bisogno di informarne il Congresso. “Tutto quello che dovevamo fare adesso era semplicemente farlo”, ha detto la fonte, “ma doveva ancora rimanere un segreto”.

Gli Stati Uniti cercarono un’intesa con la Norvegia, un paese fondatore della Nato con cui avevano già sviluppato stretti legami militari e per anni avevano condotto operazioni congiunte di intelligence contro la Russia. Nel novembre 2022, il parlamento norvegese approvò l’Accordo Supplementare di Cooperazione nella Difesa (SDCA), che garantì agli Stati Uniti l’accesso a un territorio e a infrastrutture norvegesi concordati per condurre attività di “mutua difesa”.

E certamente, l’ex-Primo Ministro norvegese e attuale Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg è un alleato degli americani di lunga data, che ha ottenuto la più alta carica della Nato con il sostegno dell’America. “Si adatta perfettamente agli interessi americani”, ha detto la fonte. Tutti questi fattori, uniti ai suoi interessi in quanto fornitore di gas naturale all’Europa attraverso il Baltic Pipe, rendevano la Norvegia un complice perfetto per questa operazione segreta.

La fonte di Hersh afferma che la marina norvegese identificò un punto adatto per installare esplosivi C4, a pochi chilometri dall’isola danese di Bornholm, dove le tubature del Nord Stream passavano a solo 80 metri sotto il livello del mare. Egli afferma anche che proposero che l’operazione dovesse coincidere con l’esercitazione annuale della Nato nel Mar Baltico, promossa dalla Sesta Flotta Americana: Baltic Operations 22 (BALTOPS 22) a giugno.

Gli Stati Uniti aggiunsero a BALTOPS 22 un’esercitazione divulgata pubblicamente di ricerca e sviluppo, con squadre di sommozzatori della Nato che piantavano mine e squadre in competizione tra loro che cercavano di localizzarle e distruggerle utilizzando le ultime tecnologie di rilevamento subacqueo. Era una copertura perfetta. L’operazione, secondo la fonte, veniva portata avanti con il coinvolgimento di sommozzatori dal Centro di Addestramento di Immersione e Salvataggio Navale di Panama City, che operava da una nave dragamine norvegese di classe Alta.

Al fine di creare una distanza tra BALTOPS 22 e il sabotaggio vero e proprio, venne escogitato un piano sofisticato per fare detonare da remoto il C4, Hersh afferma:

“Il C4 applicato alle tubature sarebbe stato innescato da una boa a sonar fatta cadere da un aeroplano con brevissimo preavisso, ma la procedura impiegava la tecnologia più avanzata di processazione del segnale. Una volta al suo posto, i dispositivi a innesco ritardato attaccati a ognuna delle 4 tubature sarebbero potuti venire accidentalmente innescati da un mix complesso di rumori di sottofondo dell’oceano che attraversano il Mare Baltico, altamente trafficato – rumori di navi vicine e lontane, di perforazioni sotto marine, di eventi sismici, onde e anche creature marine. Per evitare questo, la boa a sonar, una volta al suo posto, avrebbe emesso una sequenza unica di suoni tonali a bassa frequenza- più o meno come quelli emessi da un flauto o da un piano – che sarebbero stati riconosciuti dal dispositivo d’innesco e, dopo alcune ore di ritardo preimpostate, avrebbe innescato gli esplosivi”.

Il giorno del sabotaggio, un aereo di sorveglianza P8 della aeronautica norvegese fece un volo in apparenza di routine sopra il sito dell’esplosione. Hersh afferma che fece cadere una boa a sonar, lanciando il segnale che innescò l’esplosione qualche ora più tardi. È stato riportato altrove che un velivolo della aeronautica statunitense sorvolò il Baltico appena qualche ora prima che il Nord Stream venisse fatto saltare in aria. Un portavoce delle Forze Navali statunitensi attive in Europa e in Africa ha dichiarato a ottobre 2022 che si trattava di “un volo marittimo di ricognizione routinario, senza alcun legame con le fuoriuscite dai gasdotti Nord Stream”.

La verità: la prima vittima della guerra

Quando Hersh ha sollecitato un commento al riguardo, la portavoce della Casa Bianca Adrienne Watson ha liquidato velocemente le affermazioni della sua fonte come “false e completamente inventate”. Tammy Thorp della Cia le ha definite anch’egli “completamente e profondamente false”. A seguito della pubblicazione dell’articolo di Hersh, il Dipartimento di Stato ha detto: “l’idea che gli Stati Uniti siano in qualche modo coinvolti nell’apparente sabotaggio di queste tubature è assurdo. Non è nient’altro che una trovata della disinformazione russa e dovrebbe essere trattata come tale” [corsivo nostro].

Abbiamo sentito questa cantilena mille volte: se qualcuno si oppone alla linea ufficiale, tacciatelo di essere un propagandista russo! Dobbiamo chiederci: se davvero non c’è nulla di vero in queste accuse, perché dare loro una qualche importanza? Le affermazioni di Hersh sono state prese così sul serio che molti dei principali organi di stampa occidentali hanno riportato la storia. La Russia, da parte sua, ha chiesto alla Casa Bianca rendere conto del post di Hersh, dicendo che gli Stati Uniti hanno delle “domande cui rispondere”.

In una recente intervista sul podcast Radio War Nerd, Hersh risponde alle critiche sull’attendibilità della sua fonte dicendo che “non era una storia difficile da trovare”. In effetti, funzionari americani, e persino il presidente stesso, sembravano compiacersi della possibilità di sabotare il Nord Stream. Inoltre, non è stata presentata alcuna prova che colleghi la Russia all’attentato. Se quello che dice Hersh è vero, o vero nella sua sostanza, è di una gravità difficile da minimizzare. Come ha detto alla NBC News Jakub Godzimirski, un ricercatore dell’Istituto Norvegese di Affari Internazionali che si dedica alla politica estera e di sicurezza russa:

“C’è anche l’aspetto particolare che questo potrebbe essere usato per una ulteriore escalation nel conflitto tra la Russia e l’Occidente… Se la Russia avesse intenzione di accusare, specialmente la Nato, di condurre questo tipo di operazioni contro infrastrutture russe, questo potrebbe in qualche modo rafforzare l’immagine di una Russia in guerra non solo con l’Ucraina, ma anche con la Nato”.

Le cose stanno esattamente così. Come abbiamo detto più e più volte: abbiamo davanti agli occhi una guerra per procura tra la Nato da una parte (con l’imperialismo americano alla sua guida) e la Russia dall’altra, che si sta combattendo sul suolo ucraino E, inoltre, questo è un conflitto nel quale gli Stati Uniti sono pronti a lasciare che l’Ucraina venga distrutta e le nazioni alleate sprofondino in una povertà estrema per raggiungere i suoi obbiettivi di guerra.

La guerra si sta avvicinando al suo primo anniversario e continua a intensificarsi, senza che ci sia alcun segno immediato di un suo arresto. Miliardi di dollari di armi da parte dell’Occidente stanno ancora inondando il campo di battaglia, anche se le persone comuni stanno subendo una crisi inflattiva insostenibile ed esacerbata dal conflitto. Gli ucraini affrontano un inferno quotidiano di morte e distruzione. Nel mezzo di questa barbarie assoluta, le accuse di Hersh meritano la più scrupolosa analisi. Non la riceveranno, ovviamente. Al contrario, verrà innalzato un muro di propaganda sui “crimini di guerra” (reali e immaginati) commessi dalla Russia (che il Parlamento Europeo ha dichiarato “stato sostenitore del terrorismo”), mentre un potenziale attacco terroristico e crimine di guerra orchestrato dall’imperialismo statunitense viene ignorato.

Nel corso di questa guerra inter-imperialistica, abbiamo visto la maggioranza della cosiddetta “sinistra” in Occidente allinearsi alla propria classe dominante, ripetendo a pappagallo la narrazione ufficiale e liquidando tutte le voci di dissenso come “propaganda russa”.

Noi marxisti continuiamo a vedere la guerra ucraina per quello che è e facciamo appello alla lotta indipendente della classe operaia per opporci a tutti i guerrafondai capitalisti e, soprattutto, alle nostre stesse classi dominanti, che stanno trascinando milioni di persone in un incubo.