Grecia: dopo lo sciopero generale, Papandreu a un passo dalle dimissioni

Ieri (15 giugno, ndt) centinaia di migliaia di lavoratori e di giovani hanno partecipato a uno sciopero generale di 24 ore indetto dalla GSEE e ADEDY (le confederazioni sindacali del settore privato ​​e pubblico), manifestando per le strade delle 70 principali città in tutta la Grecia. Ad Atene dalle prime ore del mattino la partecipazione al presidio di massa per circondare il parlamento è stata enorme.

Secondo i dati diffusi dalla GSEE, in molti settori chiave la partecipazione allo sciopero è stata del 100%. Per esempio: raffinerie 100%, cantieristica al 100%, trasporti e logistica 100%, porti 100%, industria siderurgica 80%, edilizia 90%. Nel settore bancario, tra i lavoratori della DEI (società elettrica pubblica), della OTE (compagnia telefonica pubblica), della ELTA (le Poste) e nelle aziende dell’acqua ha raggiunto il 90%.

Questo livello di partecipazione conferma lo spirito combattivo che c’è in seno al movimento operaio greco e la sua capacità di guidare nella giusta direzione la lotta delle masse, cresciuta nel corso delle ultime tre settimane contro il governo e le sue nuove misure di austerità che mirano a imporre le condizioni richieste dalla “troika”.

Le stime sono di 250.000 manifestanti ad Atene, 35.000 a Salonicco e 10.000 a Patrasso. Come abbiamo scritto ieri, senza dubbio, se al corteo di Atene fosse stato consentito di manifestare pacificamente, la quantità di persone che aveva già iniziato a entrare a piazza Syntagma in mattinata dimostra che nel pomeriggio il numero di manifestanti avrebbero superato il milione.

Tuttavia, come abbiamo spiegato, le forze della repressione di stato hanno usato agenti provocatori, poliziotti in borghese mescolati con i manifestanti, in grado di fermare temporaneamente “l’onda” delle masse pronte a paralizzare le camere del parlamento e palazzo Maximou (l’ufficio del Primo Ministro). Così, per tutta una fase, il corteo della massa di lavoratori combattivi e dei giovani è stato interrotto da scene di scontri violenti con la polizia. Questa ha cercato di usare gas lacrimogeni, con metodi che ricordano l’esercito israeliano nella Palestina occupata, per cacciare i manifestanti da Piazza Syntagma. Ci sono molti video e fotografie scattate da testimoni oculari, ora su internet, che mostrano come la polizia dalla mattina presto è andata accumulando, nel giardino nazionale dietro l’edificio del parlamento, bastoni e sbarre di ferro per armare i provocatori. Altri filmati mostrano “anarchici” mascherati organizzarsi e concentrarsi sotto la protezione della polizia.

Tuttavia, proprio quando le televisioni si sono precipitate a parlare del “funerale” del movimento, nel pomeriggio, lentamente ma inesorabilmente, migliaia di persone hanno cominciato a raccogliersi di nuovo in piazza Syntagma. Le masse di lavoratori e di giovani, che durante le violenze si erano fermati nelle zone limitrofe in attesa che la situazione si calmasse, i lavoratori del settore privato che non erano scesi in sciopero per paura del licenziamento, si sono affrettati ad andare alla manifestazione di piazza Syntagma, finito il turno di lavoro; alla fine, si sono aggiunti molti altri che non erano stati coinvolti nelle manifestazioni della mattina, ma che erano stati indignati dalle cronache in televisione che cercavano di infangare il movimento di massa.

Immediatamente, il governo e i partiti borghesi, presi dal panico e dalla paura, hanno cercato di proporre in tutta fretta una soluzione politica nel disperato tentativo di ridurre il movimento delle masse, che di ora in ora stava assumendo connotazioni rivoluzionarie.

Papandreou si è rivolto al capo di Nuova Democrazia (il principale partito borghese, ndt), Antonis Samaras, proponendo di formare un nuovo governo di unità nazionale con un “tecnocrate” come primo ministro. Il leader di Nuova Democrazia, temendo di essere identificato con un governo che si è totalmente isolato dalla società, ha posto la condizione che il nuovo governo avrebbe dovuto rinegoziare il protocollo e le nuove misure di austerità richieste dalla “troika”. Samaras lo ha chiesto deliberatamente, sapendo che Papandreou non poteva accettare una tale condizione, né avrebbe potuto il vero capo, cioè la “troika” stessa.
In effetti, ponendo questa richiesta a Papandreou, Samaras si è rifiutato di partecipare a un governo che avrebbe dovuto legiferare su una nuova serie di attacchi draconiani contro i lavoratori. Ciò che Samaras teme è che entrando in tale governo si comprometterebbero le fortune elettorali di Nuova Democrazia, e quindi la sua capacità di essere un’alternativa utile per i capitalisti greci, proprio quando i sondaggi mostrano, per la prima volta in due anni e anni e mezzo che ND è il primo partito con il 31%, 4% più del PASOK. I sondaggi stessi, tuttavia, mostrano che il 40% degli elettori dichiara che non avrebbe votato per alcun partito, per quanto è disgustato da tutte le formazioni principali.

Tutto ciò spiega perché il tentativo di ieri di mettere insieme una coalizione è caduto nel vuoto. La situazione, in ultima analisi, è dovuta all’enorme pressione dal basso del movimento di massa che vuole vedere la caduta di questo governo. Le masse, guidate dalla classe operaia, dirigono il movimento e stanno spingendo questo odiato “governo del Memorandum” a  una fuga precipitosa dal potere.

L’annuncio di ieri sera di Papandreou e gli eventi di ieri sono espressioni eloquenti della situazione di stallo politico che si trova di fronte la classe dirigente. Alla fine, tutto ciò che poteva fare Papandreou era annunciare un rimpasto di governo. In questo modo, non ha accontentato nessuno. Ha fatto arrabbiare i lavoratori e i giovani che sono nelle piazze, che vogliono vedere la fine di questo governo. Ha fatto arrabbiare la classe dominante, che teme che il suo tentativo di aggrapparsi al potere con piccole manovre servirà solo a spingere ancora più persone nelle strade.

Come ultima risorsa, la borghesia sta spingendo per elezioni anticipate, sperando di ottenere un nuovo governo con Nuova Democrazia come perno. Hanno raggiunto questa conclusione perché si vede che non sono in grado di formare un governo che ha l’autorità per frenare il crescente fermento del movimento di massa.

Le pressioni opposte del movimento da una parte e della borghesia dall’altra hanno già aperto una grande spaccatura all’interno del gruppo parlamentare del PASOK. Uno dopo l’altro, i deputati del PASOK hanno apertamente espresso il loro disaccordo con il governo, sia da “destra” (lamentandosi della timidezza e della cattiva gestione da parte del governo) sia da “sinistra” (attaccando le singole misure del nuovo programma draconiano di austerità). Già un altro deputato socialista si è dichiarato “indipendente”, lasciando il gruppo parlamentare con 155 dei 160 deputati eletti originariamente per il PASOK nel 2009, mentre altri due si sono dimessi per non dover votare per quelle misure.

Ciò che è ancora peggio per Papandreou è che sta trovando molte difficoltà nel convincere i suoi parlamentari ad accettare posti ministeriali, mentre un gruppo di 25 deputati del PASOK ha richiesto una riunione straordinaria del gruppo parlamentare questo pomeriggio per discutere delle azioni da prendere.

I lavoratori e i giovani ora “stringono i denti”, e incoraggiati dalla percezione che la rivolta porterà molto presto alla caduta dell’odiato governo della “troika”, si stanno preparando per dargli il colpo di grazia, e continuano a manifestare.
Nell’articolo scritto la notte scorsa abbiamo sottolineato quanto segue:

“Papandreou non si è ancora dimesso ma ha ‘lanciato il guanto di sfida’! Raccogliamolo allora! Dal momento che non vuole dimettersi, cerchiamo di ‘dimissionarlo’ noi. Il grande movimento che abbiamo creato in questi giorni e che ora detta l’agenda politica deve passare a una nuova fase più elevata ed efficace.

Il modo più efficace per conseguire l’obiettivo è intensificare gli sforzi nei quartieri operai, nei luoghi di lavoro e nei sindacati in modo da poter applicare direttamente la decisione dell’Assemblea del Popolo di piazza Syntagma che solleva giustamente la necessità di un vero e proprio sciopero generale politico.

E dal momento che la classe dominante è ora di fronte a un serio problema di potere, cerchiamo di rafforzare gli organi del nostro potere, che sono emersi attraverso la lotta, dalle assemblee popolari nelle città, nei quartieri e nei luoghi di lavoro. Cerchiamo di procedere direttamente alla formazione di un Comitato Centrale panellenico di lotta eletto dalle assemblee popolari che potrà sostituire il potere della “troika” e delle banche per servire le nostre esigenze, rifiutando di pagare l’enorme debito e riconsegnando la ricchezza concentrata del paese nelle mani di tutta la società, sotto il controllo dei lavoratori.

In queste condizioni i leader del KKE e di SYRIZA devono smettere di invocare semplicemente le elezioni. Devono contribuire direttamente allo sviluppo e alla diffusione del movimento di massa con uno sciopero generale politico e prepararsi alla possibilità di un forte cambiamento elettorale, unendo le loro forze sulla base di un radicale programma di trasformazione socialista della società. Solo in questo modo è possibile prepararsi alle elezioni anticipate, che ora vengono promosse dalla classe dirigente come ultima risorsa per frenare e deviare il movimento delle masse, ottenendo un risultato che rafforzerebbe il movimento di massa nelle sue richieste."
Sia che il risultato finale sarà un nuovo governo di coalizione o elezioni anticipate, ci sono due elementi chiave della situazione greca.

Da un lato, il movimento di massa si sente incoraggiato e fiducioso e continuerà a esprimere la sua volontà di influenzare i principali sviluppi politici. La possibile caduta di Papandreou stuzzica l’appetito delle masse che stanno spingendo per riconquistare ciò che hanno perso con questo governo e rimarranno mobilitate per imporre una vera soluzione ai loro problemi.

D’altra parte, l’instabilità politica e lo sviluppo di una situazione rivoluzionaria nella società greca avvicinano sempre più la possibilità di un default, e molto presto svanirà qualsiasi residuo “ottimismo” che i “mercati internazionali” possano nutrire nel rimborso del debito da parte della Grecia. L’unica cosa che la Grecia può esportare ora verso i suoi partner nell’UE è recessione, instabilità economica e la “moda” di sommosse popolari.

Translation: FalceMartello (Italy)