Grecia – Sciopero contro la giornata di lavoro di 13 ore e la pensione a 74 anni

Giovedì 21 settembre, decine di migliaia di lavoratori sono scesi in piazza in tutta la Grecia contro l’attacco ai diritto dei lavoratori sferrato dal governo di destra. Una risposta importante, dato che lo sciopero non ha avuto la copertura della Gsee, la Confederazione dei sindacati del settore privato del paese, ma solo di Adedy, la confederazione del settore pubblico e del Pame, il fronte sindacale del KKE, il partito comunista greco.

I vertici della Gsee, in uno stile che ricorda i vertici dei sindacati italiani, si sono limitati a inviare un “testo di proposte e osservazioni” al governo.

Nell’articolo che pubblichiamo i compagni di Kommounistiki Tasi, la sezione greca della Tendenza marxista internazionale, analizzano nel dettaglio la legislazione antipoeraia.


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Lo scorso agosto, il ministro del Lavoro Adonis Georgiadis ha illustrato il nuovo disegno di legge del governo di Nuova Democrazia in materia di diritto del lavoro e copertura previdenziale, che farà a pezzi le più fondamentali tutele rimaste per i lavoratori. Secondo le parole dello stesso ministro: “il nostro obiettivo è quello di rendere più onesti i rapporti di lavoro tra noi [cioè tra lavoratori e padroni]”, spiegando che molto di ciò che il disegno di legge codifica avviene già, in modo informale. Ha espresso esplicitamente le sue intenzioni: fornire tutto il peso della legge all’intensificazione dello sfruttamento della classe operaia.

Il nuovo “disegno di legge Georgiadis”, che integrerà la direttiva dell’Unione Europea 2019/1152 nella legislazione greca, peggiorerà ulteriormente la condizione dei lavoratori, in continuità con la “legge Hatzidakis” antioperaia del 2021. Una delle disposizioni più aggressive del disegno di legge è la “possibilità” di lavorare più di otto ore al giorno, minando direttamente la storica conquista della giornata lavorativa di otto ore. In particolare, diventerà legale per lo stesso dipendente lavorare fino a 13 ore al giorno, attraverso la stipula di un contratto con due (o più) datori di lavoro, con il turno di otto ore come un limite massimo stabilito solo per ogni singolo contratto.

Minare la giornata di otto ore

Il ministro ha presentato come “concessione” il mantenimento dell’attuale disposizione che prevede un riposo giornaliero minimo di 11 ore consecutive. Questa marcia indietro potrebbe essere dovuta al fatto che il ministro si è reso conto che lavorare in due turni separati di otto ore, per un totale di 16 ore, entra in conflitto con la legislazione europea sul riposo minimo dei lavoratori. Così, ha cercato di trasformare il riposo minimo stabilito di 11 ore continuative in una sorta di limite alla giornata lavorativa.

Georgiadis ha persino dipinto in modo provocatorio l’abolizione del turno di otto ore come la creazione di una nuova “scelta” per i lavoratori, che porterà “vantaggi” come salari complessivi più alti e una pensione più elevata. Come se questo fosse un argomento contro la protezione dal lavoro eccessivo. A breve termine, questo nuovo regime lavorativo, unito all’inflazione galoppante, deprimerà i salari reali, tendendo a trasformare il turno di 13 ore, anziché di 8, nel requisito fondamentale per la sussistenza.

Le reali motivazioni di questa dura legislazione antioperaia emergono chiaramente dalla risposta di Georgiadis alla domanda se sia possibile stipulare due contratti (ad esempio otto più cinque ore di lavoro al giorno) con lo stesso datore di lavoro. Ha affermato che ciò non sarà consentito poiché, in questo caso, il lavoro oltre le otto ore costituisce lavoro straordinario.

Con l’attuale giornata lavorativa massima di otto ore, anche nel caso di più datori di lavoro, ogni ora di lavoro oltre le otto costituirebbe lavoro straordinario, poiché supererebbe la durata del turno stabilita da uno dei contratti. Quindi almeno un datore di lavoro dovrebbe corrispondere le ore di straordinario. Ora, con la disposizione che prevede fino a 13 ore di lavoro al giorno, la classe capitalista potrà impiegare ogni lavoratore per altre cinque ore, anche dopo aver già fatto un turno di otto ore, senza dover pagare gli straordinari. Il lavoratore, invece, è gravato dai costi e dai tempi di spostamento da un lavoro all’altro.

Inoltre, i datori di lavoro potranno creare due o più aziende identiche o simili e potranno “dividere” i lavoratori tra di esse, organizzando i loro orari in modo da evitare il pagamento degli straordinari e i controlli delle ispezioni del lavoro. Lo stesso può accadere in gruppi di aziende, o in diversi appaltatori che hanno intrapreso l’outsourcing per grandi aziende.

Sfruttamento “innovativo”

Georgiadis si è affrettato a presentare un’altra importante “innovazione” nel disegno di legge: i cosiddetti contratti a zero ore – un modello applicato da anni in Gran Bretagna, ma proibito in Grecia, poiché i termini di un contratto devono includere un orario di lavoro minimo secondo la legislazione vigente.

I “contratti a zero ore” legalizzerebbero l’assunzione di lavoratori da parte dei datori di lavoro, senza alcun impegno su giorni e orari di lavoro specifici. In base a questo regime, i datori di lavoro potranno assumere lavoratori quando, dove e come vogliono, con un semplice preavviso di 24 ore. Questi lavoratori verrebbero pagati solo in base al numero di ore lavorate, senza avere diritto a una retribuzione aggiuntiva per gli straordinari, il lavoro notturno, la domenica e i giorni festivi. Quella che la borghesia chiama cinicamente “flessibilità” costituisce un regime di totale precarietà per i lavoratori, sia in termini di retribuzione mensile, sia di luogo di lavoro, sia di giorni di ferie retribuiti.

Naturalmente, la Direttiva UE, che include alcune disposizioni di tutela per i lavoratori con tali contratti, stabilisce espressamente che non è consentito a uno Stato membro, che non preveda tali contratti nella propria legislazione, di introdurli in occasione dell’incorporazione della Direttiva. Pertanto, quando si è reso conto della possibilità di una multa da parte dell’UE, il governo ha evitato di inserire questa disposizione nel disegno di legge posto all’approvazione del Parlamento. Tuttavia, nonostante sia stato ostacolato in questa occasione, è chiaro che si tratta di una disposizione che si vuole introdurre alla prima occasione utile.

La disposizione del “periodo di prova” di sei mesi dopo l’assunzione di un dipendente rappresenta un altro passo verso il lavoro precario. Lo stesso Georgiadis ammette che questa norma non “tocca” il mancato obbligo del datore di lavoro di pagare l’indennità di licenziamento a un dipendente appena assunto se viene licenziato prima del completamento dei 12 mesi. Tuttavia, la “ufficializzazione” di questi primi sei mesi come “prova” fornisce ai capitalisti un alibi per introdurre ogni tipo di condizione sfavorevole a scapito dei lavoratori appena assunti.

In particolare, il disegno di legge stabilisce che, dopo il periodo di prova, il lavoratore “può presentare una richiesta di modifica del proprio contratto, al fine di essere assunto d’ora in poi con condizioni di lavoro più affidabili e sicure”.

Pertanto, i datori di lavoro che sono in grado di fornire retribuzioni e condizioni di lavoro che corrispondono agli standard del settore lo faranno solo dopo che un dipendente avrà completato un periodo di “apprendistato”, durante il quale riceverà anche un salario di “apprendistato”. È certo che le imprese sceglieranno, almeno per una parte della loro forza lavoro, di assumere “apprendisti” a basso salario per sei mesi e poi licenziarli senza indennizzo per assumerne altri, e così via.

Inoltre, con l’articolo 28 (“Possibilità di un accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro tra il datore di lavoro e il lavoratore”), la disposizione della “legge Hatzidakis” sull’orario di lavoro peggiora ulteriormente. Con la vecchia legislazione, era prevista la possibilità di concordare individualmente l’orario di lavoro con un accordo scritto tra il datore di lavoro e il dipendente, su richiesta di quest’ultimo. In precedenza, ciò poteva essere fatto solo con un contratto collettivo. Con il nuovo regolamento, la “richiesta del dipendente” viene abolita. Pertanto, l’iniziativa può ora essere formalmente presa dal datore di lavoro (che già la esercitava efficacemente) per costringere il dipendente ad accettare straordinari non retribuiti.

Con gli articoli 25 e 26, il disegno di legge estende inoltre la settimana lavorativa di sei giorni a un maggior numero di settori e riduce le condizioni formali che i datori di lavoro devono soddisfare per giustificare un giorno lavorativo aggiuntivo. L’aspettativa di una settimana lavorativa di cinque giorni viene quindi gradualmente erosa, con l’ovvia prospettiva che la maggiorazione del sesto giorno venga ridotta o addirittura eliminata.

Infine, l’articolo 27 aumenta i settori per i quali le domeniche e i giorni festivi sono considerati giorni lavorativi. In realtà, quasi tutti i settori aggiunti (industria alimentare, imbottigliamento dell’acqua, produzione di bibite) non erano inclusi nella forma originale del disegno di legge, ma sono stati introdotti in seguito alle richieste delle rispettive associazioni di categoria datoriali durante la consultazione governativa.

Nuovo attacco al diritto di sciopero

In quanto servitore della classe dominante greca, Adonis Georgiadis non poteva presentare una legge sul lavoro senza lanciare nuovi attacchi al diritto di sciopero. Le leggi precedenti hanno reso sempre più difficile indire scioperi. Il nuovo disegno di legge rende ora la “violenza psicologica” e l’occupazione di un luogo di lavoro reati penali, con pene detentive di lunga durata. L’intento evidente è quello di rendere illegali le misure collettive di base per mantenere la disciplina della forza lavoro in sciopero e difendere scioperi e picchetti dai crumiri e dagli scagnozzi dei padroni.

Tutti gli attacchi contenuti nel disegno di legge Georgiadis, oltre a confermare il carattere reazionario del governo di Nuova Democrazia, testimoniano l’impasse del capitalismo greco, nel mezzo di una crisi del capitalismo mondiale. Immersa nell’aggravarsi delle contraddizioni del suo sistema marcio, la classe dominante è sempre più spinta a nutrirsi della carne dell’intera società, cercando di ingigantire la sua ricchezza accumulata già incalcolabile sfruttando e opprimendo sempre più duramente la maggioranza.

Gli attacchi sempre più brutali alle masse lavoratrici sono una caratteristica fondamentale del capitalismo nella sua attuale fase di avanzata decadenza. Il movimento operaio e i giovani devono lottare uniti e con decisione contro il progetto di legge reazionario di Georgiadis e contro il governo Mitsotakis nel suo complesso. Solo una lotta di classe seria e determinata può contrastare questi nuovi assalti e difendere i diritti faticosamente conquistati dai lavoratori da un’ulteriore erosione.

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