Pakistan: L’assalto alla moschea rossa – quando i nodi vengono al pettine

Italian translation of Pakistan: the Storming of the Red Mosque - When Chickens come home to Roost by Adam Pal (July 13, 2007)

Il massacro sanguinoso del 10 luglio ad Islamabad è un altro episodio del dramma in atto in Pakistan. Uno stato indebolito da una crisi interna e da un vero e proprio crollo economico sta conducendo una battaglia, feroce ma inutile, contro il mostro di Frankenstein che ha contribuito a creare, il fondamentalismo islamico.

dal sito In defence of Marxism

I mullah, anch’essi indeboliti, stanno cercando di deviare l’attenzione delle masse dalle loro sofferenze, miserie e pene verso il vicolo cieco del fanatismo religioso.

La crisi interna dello stato pakistano, che si sta approfondendo, si è riversata nelle piazze dove gli avvocati hanno protestato contro le dimissioni del Presidente della corte suprema. Mentre i vari organi dello stato lottano l’uno contro l’altro i religiosi nella Lal Masjid (la moschea rossa) hanno sfidato il regime, dichiarando che non avrebbero rinunciato facilmente ai propri privilegi e al proprio prestigio e avrebbero lottato per riaffermare la propria autorità.

Operazione silenzio

Lo scontro è iniziato a gennaio quando l’Autorità per lo sviluppo della capitale ha cominciato a demolire alcune moschee e madrase (le scuole islamiche) costruite illegalmente sul suolo pubblico. Nel 2006 più di 60 madrase sono state costruite nella sola Islamabad. Questa crescita esponenziale del numero degli edifici religiosi ha allarmato il governo che è un alleato chiave dell’imperialismo Usa nella “guerra al terrore”, lo stesso stato pakistano che era una pedina chiave dell’imperialismo usa e delle sue marionette, i talebani, quando conducevano la Jihad (guerra santa) contro l’esercito sovietico in Afghanistan.

Quando l’Autorità ha iniziato a demolire le moschee, i fondamentalisti hanno opposto una resistenza in tutto il paese ed hanno usato il sentimento religioso per sfidare l’autorità dello stato. La Lal Masjid che è stata costruita all’epoca del Generale Ayub (1958-68), ha lanciato una campagna contro queste demolizioni e le studentesse della madrasa Jamia Hafsa sono scese in strada indossando il burqa impossessandosi, armate di bastoni, di una vicina biblioteca per bambini.
Tutto questo accadeva a pochi minuti di cammino dalla residenza presidenziale e dalla sede dell’Assemblea nazionale. La Lal Masjid è ubicata a fianco del quartiere generale dell’Isi (i servizi segreti pakistani). Molti ufficiali dell’Isi erano soliti recarsi presso la Lal Masjid per la preghiera.

Questa moschea è stata inoltre il punto di riferimento per la guerra santa in Afghanistan negli anni ottanta e la maggior parte dei combattenti che si recarono a combattere l’esercito sovietico fu addestrato proprio nella Lal Masjid che era anche il centro degli affari con l’Afghanistan in quel periodo.

Il governo, indebolito dalle contraddizioni interne sempre più aspre, ha esitato a lungo perché temeva che un tentativo di zittire i mullah avrebbe portato a svelare l’appoggio fornito segretamente dall’apparato dello stato al fondamentalismo. La codardia dimostrata in questa vicenda da parte dello stato era l’espressione del desiderio di riuscire ad occultare il proprio ruolo e quello dei servizi segreti nella sponsorizzazione dei fondamentalisti. Una simile indecisione ha permesso ai religiosi di adottare un atteggiamento aggressivo. Abdul Aziz Ghazi, il capo della moschea rossa, sua moglie Ume Hassan e suo fratello Abdul Rashid Ghazi hanno approfittato pienamente dell’impotenza dello stato e hanno cercato di imporre il proprio credo reazionario sulla gente comune di Islamabad.
Davanti alle loro aperte provocazioni il governo ha dimostrato una totale incapacità di controllare questi “hooligans” che minacciavano la popolazione e chiudevano i negozi che vendevano dischi e video. I fondamentalisti sono arrivati a sequestrare agenti di polizia e ad appiccare il fuoco a cd e video dei negozi vicini nell’intento di imporre il loro credo reazionario.

Dimostrando la loro totale impotenza e la mancanza di autorità all’interno del paese, il governo ha cercato di far tutto quello che era in suo potere per portare a più miti consigli i fratelli Ghazi, ma questi ultimi sono rimasti sulle loro posizioni, ribadendo con tono di sfida che la Lal Masjid poteva essere demolita solo passando sopra i loro corpi.

La situazione ha raggiunto il suo apice quando le teppiste velate di Islamabad hanno rapito tre cinesi che lavoravano in un locale adiacente alla moschea. Musharraf, messo sotto pressione dal governo cinese a quel punto non ha avuto altra scelta che mettere fine a questo dramma ipocrita e dare il via all’operazione militare. Tale operazione si è conclusa con la morte del fratello più giovane dei Ghazi assieme ad altri trecento studenti e studentesse. Abdul Aziz Ghazi è stato invece catturato mentre, nascosto sotto un burqa, si dava alla fuga. Otto membri delle forze armate, tra cui un tenente colonnello ed un capitano hanno perso la vita, fatto che dimostra la debolezza dell’esercito pakistano.

La moschea rossa

I fondamentalisti islamici, che una volta erano i referenti preferiti dello stato e dell’imperialismo, sono stati usati per proteggere i loro interessi in tutta la regione. Abdullah, il padre dei fratelli Ghazi, era uno dei principali promotori dello guerra santa in cambio di dollari. Famoso per i suoi discorsi che promuovevano la Jihad, nato a Rojhan, una città arretrata del sud del Punjab era arrivato a Islamabad negli anni sessanta, dove diventò un seguace di Pir Dewal Sharif, un santone locale. Fra i suoi seguaci era annoverato anche l’allora presidente, Generale Ayub Khan, il dittatore che ha costruito la capitale e l’ha chiamata Islamabad. Questi legami hanno permesso a Ghazi di entrare in possesso di un vasto terreno e di potervi costruire una grande moschea dove ha vissuto con la sua famiglia.
La rivoluzione del 1968-69 ha posto la questione del potere operaio, che avrebbe tagliato le gambe ai fondamentalisti reazionari. Ma il fondatore del Ppp Zulfiqar Ali Bhutto non portò a compimento quella rivoluzione e l’opportunità venne persa. Sulla base del capitalismo era impossibile risolvere i terribili problemi economici e sociali della popolazione e così le forze reazionarie poterono riprendersi e rafforzarsi, specialmente durante la dittatura di Zia. Bhutto fu troppo accondiscendente con gli islamisti, contribuì al loro rafforzamento e pagò questo errore con la vita.

L’era di Zia cominciò con l’imperialismo americano che incoraggiava la Jihad ed organizzava tutte le forze reazionarie e fondamentaliste al fine di combattere i sovietici in Afghanistan. Durante questo periodo milioni di dollari furono versati, attraverso l’Isi, ai mullah più reazionari per costruire madrase dove giovani provenienti da famiglie povere venivano addestrati al combattimento. Allo stesso scopo le madrase venivano rifornite delle armi più moderne.

Dopo la fine del conflitto contro i sovietici, in Afghanistan scoppiò una guerra civile, in cui si fronteggiavano varie fazioni di mujahidin, alcune delle quali erano appoggiate dall’Isi e dalla Cia americana. Anche diverse multinazionali sostennero questa o quella fazione così da appropriarsi delle risorse naturali dell’Afghanistan e dei paesi confinanti dell’Asia centrale: addirittura una di queste, l’Unocal, ha finanziato con 40 milioni di dollari i Talebani per conquistare Kabul nel 1996. Alla fine della guerra civile i mullah sono diventati ricchissimi e così molti di loro hanno costruito le loro madrase personali.

Un altro aspetto importante durante questo conflitto è stato il commercio di droga. Negli anni ottanta la Cia ha incoraggiato la coltivazione di oppio in Afghanistan per ripagare le spese ingenti sostenute durante la guerra. Tutti i mullah erano coinvolti nel traffico di droga e lavoravano in stretta collaborazione con i signori dell’oppio, che usavano il Pakistan come porta verso il resto del mondo. Anche l’Isi e l’esercito pakistano, protagonisti del conflitto afgano, erano pesantemente coinvolti nel narcotraffico da cui gli alti ufficiali hanno ottenuto enormi fortune.

Dopo il crollo dell’Urss, Samuel P. Huntington ha creato la falsa teoria dello scontro di civiltà per occultare le contraddizioni di classe ed ostacolare l’unità di classe dei lavoratori. La religione ancora una volta ha reso un servizio all’imperialismo, ma i mullah che prima erano stati usati dall’imperialismo ora sembravano entrare in conflitto con esso. Bin Laden che si mise al servizio degli Usa negli anni ottanta in Afghanistan ora si rivoltava contro il proprio padrone, ma allo stesso tempo rimaneva un nemico degli sfruttati e degli oppressi a cui veniva imposto di pensare sulla base delle idee religiose invece che su idee di classe.

Dopo l’invasione Usa dell’Afghanistan, il commercio dell’oppio è ritornato a fiorire. Nel 2006 il raccolto ha raggiunto la cifra record di 6000 tonnellate. I raccolti maggiori si ottengono nelle regioni controllate dalle forze armate americane e britanniche: la regione di Helmand, controllata dalla Gran Bretagna, è la prima per traffico di oppio.

I mullah, da straccioni a miliardari

Dopo tutto questo spargimento di sangue, i dollari della Jihad ed il narcotraffico ha portato questi “Maulvi” religiosi a passare da una condizione sociale molto disagiata a quella di veri e propri gangster urbani. Prima della Jihad afgana questi maulvi conducevano un’esistenza piuttosto misera, vivendo praticamente di elemosina. Il cibo quotidiano dei maulvi e delle loro famiglie era costituito dagli avanzi dei vicini. Quando andava bene i maulvi avevano una bicicletta con cui si recavano a raccogliere le offerte presso la popolazione benestante. Non giocavano alcun ruolo produttivo nella società.

I dollari arrivati dall’occidente hanno trasformato questi disagiati in santoni arroganti che si permettono di uccidere chiunque in nome della religione. Il maulvi che una volta girava in bicicletta ora possiede decine di fuoristrada che valgono milioni di rupie e si circonda di uomini armati che lo proteggono giorno e notte.

Chi sono gli studenti delle madrase

Secondo le cifre fornite dallo stesso governo pakistano il mese scorso, il 24 per cento dei pakistani vive sotto la soglia della povertà e tale percentuale è cresciuta del 74% in un anno. E la maggior parte della gente che vive al di sopra di tale soglia è tutt’altro che benestante. Queste cifre dimostrano quanto sia profondo il disagio, la sofferenza e la miseria fra le masse. La gente che vive in questo sistema capitalista è costretta a vendere un rene ed a volte i figli non ancora nati per sopravvivere.

In simili circostanze le madrase offrono un rifugio a questi settori disagiati dove vengono forniti gratuitamente un tetto, un’educazione, cibo e vestiti. In cambio gli studenti devono imparare a memoria e recitare il Corano. Allo stesso tempo viene fornita loro un’educazione particolare che va nella direzione degli interessi specifici dei benefattori. Le madrase, appoggiate dai servizi segreti, utilizzano qualunque mezzo per raccogliere fondi e, con l’aiuto del narcotraffico e dei finanziamenti degli imperialisti, alimentano il fervore religioso della piccola borghesia. I commercianti e i bottegai che usano ogni tipo di espediente per ingannare i loro clienti, versano una parte dei loro proventi ai mullah per rimettere i propri peccati e guadagnare un biglietto per il paradiso. Famosi commercianti di Islamabad figuravano fra i maggiori donatori della Lal Masjid.

Gli studenti prelevati delle fasce più arretrate e oppresse della società vengono educati nell’odio più bigotto per chiunque conduca una vita migliore rispetto a loro.

Le differenze di classe e le disuguaglianze che esistono in questo sistema brutale vengono utilizzate come uno strumento per proteggere gli interessi della classe dominante e deviare l’odio verso questo sistema lungo linee religiose. Sermoni religiosi e discorsi infiammati hanno lo scopo di preparare gli studenti a fare qualunque cosa venga ordinato dai propri insegnanti, compresi gli attacchi suicidi.

Il fondamentalismo e la debolezza della borghesia

La borghesia dei paesi del "terzo mondo" è entrata sulla scena della storia troppo tardi per portare avanti i compiti della rivoluzione democratico-nazionale, uno dei quali è la separazione della religione dallo Stato. Sotto il giogo del capitalismo globale le borghesie di questi paesi non sono in grado di sviluppare le infrastrutture fondamentali della società. Le piccole città ed i villaggi mancano dei servizi essenziali e le distanze tra le aree rurali e le città sono spesso enormi. Mancano scuole, ospedali e strade, mentre l’80% della popolazione pakistana non ha accesso ad acqua potabile.

Quando questa gente che proviene dalle aree più remote arriva nelle grandi città sviluppa un odio verso gli esponenti della classe dominante che vivono nel lusso a spese della classe lavoratrice. Un simile odio li spinge a commettere numerosi crimini e ad essere coinvolti in omicidi, furti e saccheggi. Le istituzioni ed i partiti religiosi danno protezione a questi criminali ed usano la rabbia di questi giovani per tutelare i propri interessi.

Molti di coloro che si addestrano nei campi della Jihad in Kashmir hanno commesso crimini atroci ed hanno trovato rifugio in questi campi. I talebani che combattono nelle aree tribali del Pakistan provengono anch’essi dai settori sottoproletari della società e per il loro sostentamento vengono elargite somme ingenti da parte dei servizi segreti.

Il coinvolgimento dei generali nella politica e nelle più svariate attività economiche li ha resi milionari ed ora usano ogni mezzo per tutelare i propri interessi economici. Tutti i generali delle forze armate sono coinvolti nella speculazione immobiliare ed in quella finanziaria ed hanno interessi in vari settori dell’industria, dall’acqua minerale agli zuccherifici fino all’industria tessile.

Ciò, insieme all’appoggio da parte dell’imperialismo a specifiche fazioni ed agli interessi delle multinazionali nella regione, ha provocato una spaccatura all’interno dell’esercito e dei servizi segreti pakistani. La principale causa di questa divisione sono i proventi del narcotraffico, su cui tutti vogliono mettere le mani. Questa crisi, assieme alla crisi più complessiva del capitalismo, ha indebolito lo stato che deve fronteggiare vari gruppi nelle aree tribali e nel Belucistan.

La vicenda di Lal Masjid è parte di questo scontro interno nel quale alcuni settori dello stato sostenevano i fratelli Ghazi. Musharraf voleva salvare e punire al tempo stesso i fratelli Ghazi, cosa che ha portato a una grande confusione e ad un ritardo nell’operazione militare. Confusione dovuta alla debolezza dello stato per quanto riguarda il raggiungimento dei suoi obiettivi.

L’alternativa al fondamentalismo fornita da Musharraf di “moderazione illuminata” è un idea demagogica e superficiale che non corrisponde alla sofferenza delle masse. Le sfilate di moda, i festival e i carnevali non sono una medicina per i malati e non asciugano le lacrime dei bambini che soffrono la fame. Questa farsa dell’ “illuminismo” non può risolvere i problemi fondamentali della società, che sono causati dal declino del sistema capitalista. Il cosiddetto “liberalismo” offerto da questo sistema allontana ancor di più le classi disagiate gettandoli nelle braccia della reazione e dell’arretratezza.

Ripercussioni

Questa vicenda non solo dimostra l’estrema impotenza dello stato nell’affrontare questi problemi, ma dimostra anche che il fondamentalismo non ha alcuna base reale nella società. I media occidentali propagandano questa idea falsa secondo cui il fodamentalismo dispone di una grande forza in Pakistan, cercando di dimostrarlo con la teoria errata dello “scontro di civiltà”. Tutta la vicenda dimostra che il fondamentalismo non ha una base di massa ed ora i nodi stanno arrivando al pettine, quando le forze fondamentaliste minacciano quello stesso stato che le ha create. Questo episodio comunque non segna l’inizio del declino del fondamentalismo ma l’espressione del rapido declino del fondamentalismo stesso lungo gli anni scorsi.

Le masse sono arrabbiate per problemi come l’inflazione che cresce e la disoccupazione e non sono affatto interessate all’uccisione di qualche elemento protetto e viziato dallo stato. Solo i mullah, minacciati nei propri interessi, sono scesi in piazza insieme agli studenti delle loro madrase. Per tutelare i propri affari, i mullah possono anche ricorrere ad attentati terroristici in alcune zone ma dal momento che non dispongono di una base di massa e la loro luna di miele con lo stato è finita non saranno in grado di fare un granché.

Lo stato potrebbe utilizzare l’intera vicenda per cercare di rafforzarsi ed attaccare i lavoratori ancor più brutalmente. Siccome la crisi economica si aggrava giorno dopo giorno stabilendo livelli record per quanto riguarda il deficit commerciale e della bilancia dei pagamenti, la crisi all’interno dell’apparato dello stato crescerà conducendo ad ulteriori scontri con spargimento di sangue e morti. Lo stato ha usato questa vicenda per oscurare le devastazioni causate dai recenti alluvioni e cicloni in Belucistan e nel Sindh dove centinaia di persone sono morte e due milioni hanno perso la casa.

Esiste un’alternativa?

La direzione del Partito del popolo pakistano (Ppp), il partito tradizionale dei lavoratori in Pakistan, non sta fornendo alcuna alternativa in questa congiuntura così importante. La vittoria parziale dell’alleanza dei mullah alle elezioni del 2002 è stata dovuta anche all’appoggio dato dalla direzione del Ppp all’invasione americana dell’Afghabnistan, mentre i mullah l’hanno aperamente condannata. Ciò li ha aiutati a formare un governo in Pakhtoonkhwa (prima conosciuta come Frontiera del nord ovest) e nel Belucistan e a giocare un ruolo esagerato all’interno del parlamento nazionale. Da allora la vera natura dei Mullah è stata svelata di fronte alle masse. Non hanno altra alternativa che ubbidire ai dettami del Fmi e della Banca mondiale e portare avanti le stesse politiche come tutti gli altri partiti borghesi.

La direzione del Ppp non ha imparato nulla e conta ancora sull’appoggio degli Usa per tornare al potere. In questa vicenda Benazir Bhutto ha appoggiato apertamente Musharraf e condannato i religiosi all’interno di Lal Masjid, la stessa linea difesa dal dipartimento di Stato americano. Ironia della storia, I Talebani si poterono organizzare durante il governo di Benazir nel 1996 ed in base alle direttive della multinazionale del petrolio Unocal. Il fallimento totale della direzione ha lasciato i lavoratori allo sbando. Soffrono a causa dello sfruttamento imposto dal capitalismo.

La politica di privatizzazione e di ristrutturazioni aziendali non solo ha aumentato la disoccupazione e le sofferenze per la classe operaia ma ha anche rivelato la debolezza dei capitalisti e la loro incapacità di far funzionare il sistema. Dopo tutte le privatizzazioni, il sistema delle infrastrutture è in un rapido declino. La gente non ha acqua potabile, elettricità, strade, ospedali, scuole. Stanno soffrendo terribilmente sotto la repressione di un sistema capitalista in disintegrazione. Un simile marciume ed una tale oppressione fomenta le forze reazionarie come il fondamentalismo, il terrorismo ed il fascismo.

Solo un’economia socialista pianificata sotto il controllo operaio può spazzare via dalla società tutta la sofferenza e l’infelicità, quando tutte le risorse a disposizione saranno usate per il miglioramento delle condizioni di tutti. Questo non porrà fine a tutte le forze reazionarie nella società ma anche allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Un partito rivoluzionario con all’interno del suo programma la rivendicazione della rivoluzione socialista potrà condurre le masse al di fuori dall’abisso dell’oscurità e della disperazione verso un mondo nuovo di libertà e felicità.