Primo incontro latinoamericano delle imprese recuperate - Chavez annuncia altri espropri

Italian translation of First Latin American gathering of worker-recovered factories - Chavez announces further expropriations (November 2, 2005)
“Questo è un incontro storico. Per la prima volta si riuniscono lavoratori di fabbriche occupate da tutto il continente.” (Serge Goulart, Consiglio operaio unitario del gruppo brasiliano delle fabbriche occupate)

“Abbiamo mostrato come gli operai possono gestire le imprese, e questo significa che possiamo gestire allo stesso modo la società”. (Ricardo Moreira, Pit-Cnt, Uruguay)


 

Più di 400 persone provenienti da 235 fabbriche occupate e 20 differenti centrali sindacali nazionali hanno partecipato al “Primo incontro latinoamericano delle fabbriche recuperate dai lavoratori”, tenuto a Caracas il 17-19 ottobre.

Si è trattato di un incontro davvero storico, la prima volta che operai coinvolti nelle occupazioni di fabbriche in diversi paesi si incontrano per discutere i propri problemi, confrontare le rispettive esperienze e trarre conclusioni politiche dalla loro lotta. Una riunione come questa poteva tenersi solo nel Venezuela rivoluzionario, dove ha trovato l’appoggio del governo bolivariano di Chavez.

All’incontro di apertura, tenuto al teatro Teresa Carreño con la presenza di 3000 attivisti operai, il presidente Chávez ha spiegato come è il capitalismo che chiude le fabbriche e che queste “devono essere recuperate dagli operai”. Ha paragonato la lotta del movimento delle fabbriche occupate alla lotta per l’indipendenza dal dominio spagnolo nel XIX secolo, sottolinenando “la potenzialità dei lavoratori del nostro continente di spezzare le loro catene e lasciarsi alle spalle il capitalismo”. Alla presidenza c’erano diversi ministri venezuelani, dirigenti sindacali di tutto il continente e operai delle fabbriche occupate (fra i quali anche Edgar Peña, dirigente degli operai della Inveval).

Chavez ha insistito sul fatto che le occupazioni che si sviluppano nel continente sono parte della lotta per la vera sovranità e per la liberazione dal dominio Usa. Allo stesso tempo, ha chiarito come “il popolo e i lavoratori degli Stati Uniti dovranno fare la loro parte in questa battaglia”.

Chavez ha anche spiegato la sua opinione sul movimento sindacale e il suo rapporto col governo bolivariano. Ha esordito salutando la formazione dell’Unione nazionale dei lavoratori (Unt), ma ha aggiunto che la nuova confederazione sindacale “non è e non dovrà mai essere un’appendice del governo, ma deve essere libera e autonoma”. Il vecchio modello sindacale burocratico “coi sindacati che finivano per trattare alle spalle dei lavoratori, coi dirigenti come quelli del Venezuela, che si arricchivano trattando coi padroni sulla vita dei lavoratori” deve essere sradicato dal movimento sindacale.

Chavez ha proposto la formazione di una rete di fabbriche recuperate in modo che possano collaborare e scambiarsi esperienze. Infine ha annunciato l’espropriazione di altre due aziende, la Sideroca e lo zuccherificio Cumanacoa. Questo annuncio ha suscitato un’ovazione entusiasta da parte dei 3000 lavoratori presenti che hanno gridato “asi, asi, asi es que se gobierna” (“È così che si governa!”). La fabbrica Sideroca, nello stato di Zulia, produce condotte metalliche per l’industria petrolifera ed era stata abbandonata dai suoi proprietari sei anni fa. Il 6 settembre un gruppo di ex dipendenti e di esponenti della comunità locale avevano preso il controllo dell’impianto per impedire che i proprietari portassero via i macchinari, e da allora avevano rivendicato l’esproprio sotto il controllo operaio. Lo zuccherificio Cumanacoa, a Cumanà, ha funzionato a mezzo regime fin dalla sua privatizzazione, che risale al 1992, e recentemente la situazione è peggiorata fino a un momento in cui la capacità produttiva era utilizzata solo per il 20%. Gli operai e i coltivatori locali di canna da zucchero hanno rivendicato l’espropriazione.

Chavez ha annunciato che avrebbe firmato i decreti di esproprio prima di andare al vertice di Mar de Plata, in Argentina, che si tiene questa settimana. Ha detto che altre seguiranno e ha citato la fabbrica per la lavorazione del pomodoro di Caigua, nel Guarico. Questo impianto è stato occupato dai lavoratori il 7 luglio dopo un conflitto sul mancato pagamento dei salari, quando gli operai si sono resi conto che la proprietà voleva vendere la materia prima (pomodoro passato) stoccata nella fabbrica. Ancora una volta, i lavoratori hanno rivendicato che l’impianto fosse espropriato e consegnato a loro.

Ma il presidente ha anche aggiunto che l’idea non è quella di espropriare le compagnie per “arricchire i lavoratori da un giorno all’altro”, ma piuttosto quella di porre la produzione a beneficio dell’intera comunità. Sulla stessa linea, durante l’incontro i lavoratori di Caigua hanno dichiarato: “Non vogliamo creare 57 capitalisti, siamo sulla via del socialismo”.

Come ha dichiarato Serge Goulart, “questo è un presidente che si schiera con i lavoratori non a parole, o con le dichiarazioni, ma con fatti concreti come questi due espropri”.

L’incontro si è poi suddiviso in diverse riunioni separate, una per le organizzazioni sindacali, una degli operai delle fabbriche occupate e un’altra per deputati e rappresentanti governativi.

C’è stato un dibattito su quali forme di proprietà dovrebbero assumere le aziende recuperate dai lavoratori. I compagni brasiliani del gruppo di fabbriche sotto gestione operaia Cipla-Interfibra-Flasko-Flaskepet hanno insistito sulla rivendicazione della nazionalizzazione sotto controllo operaio.

Serge Goulart, coordinatore del Consiglio operaio unitario, è stato intransigente: ‘Siamo contro l’idea dell’‘economia solidale’ Questa di fatto significa trasformare i lavoratori in capitalisti, indebolire la classe operaia, nella concorrenza in un mercato capitalista riuscirebbero solo a far fallire altre aziende. Noi siamo per la nazionalizzazione, ma per la nazionalizzazione sotto il controllo operaio per impedire che emerga una nuova burocrazia.” Ha aggiunto che questa lotta può essere considerata solo come una parte della lotta generale per la “nazionalizzazione delle banche e delle multinazionali in modo da pianificare l’economia negli interessi del popolo”. “Non ci può essere il socialismo in un solo paese, e tantomeno in una sola azienda!”, ha aggiunto con forza.

Alle domande riguardo il dibattito aperto dal presidente Chavez sul “socialismo nel XXI secolo”, Serge Goulart ha risposto così: “La rivoluzione venezuelana è straordinaria per come conferma quanto i marxisti hanno sempre detto. È cominciata come una lotta contro l’imperialismo e per la sovranità nazionale. Ma poi abbiamo visto la classe operaia entrare in scena nella lotta contro il sabotaggio dell’industria petrolifera e la rivoluzione è andata oltre, come è accaduto con la nazionalizzazione della Venepal il 19 gennaio di quest’anno. È cominciata come una lotta anti-imperialista, ma o diventa socialista, o sarà schiacciata (…) Si porrà la questione della nazionalizzazione delle banche e delle multinazionali e questa può essere intrapresa solo dai lavoratori.”

Orlando Chirino, coordinatore nazionale della Unt venezuelana, ha spiegato il contesto nel quale hanno luogo queste occupazioni di fabbriche: “Questo è un sintomo della degenerazione del capitalismo, che porta a un processo di deregolamentazione, flessibilizzazione e accresciuto sfruttamento dei lavoratori. Il capitalismo non ha più il ruolo progressivo di un tempo.” Il processo non è privo di contraddizioni e difficoltà. In Venezuela, particolarmente, la maggior parte dei lavoratori coinvolti in queste occupazioni non avevano esperienze precedenti di organizzazione e lotta sindacale e si trovano di fronte a molti problemi. Secondo Orlando, tuttavia, per salvare posti di lavoro e mezzi di sostentamento, è un compito dei sindacati dare a questo movimento istintivo di occupazioni di fabbriche “un’espressione cosciente, con lo scopo finale di socializzare i mezzi di produzione”.

Sia Chirino che i rappresentanti sindacali della compagnia elettrica statale venezuelana, la Cadafe, hanno insistito sul fatto che il controllo operaio è enormemente progressivo ed è “il solo modo di sconfiggere il burocratismo e la corruzione che minacciano la rivoluzione bolivariana”.


Accordi di cooperazione

Come parte dell’incontro, i rappresentanti di diverse compagnie sotto gestione operaia si sono riuniti per discutere e stringere accordi reciprocamente vantaggiosi. Hanno insistito, tuttavia, che questi non sono semplici accordi commerciali, ma che sono piuttosto basati su differenti principi di mutua cooperazione, trasferimento di tecnologia, ecc.

Fra gli accordi conclusi c’era quello fra il Venezuela e il gruppo brasiliano delle fabbriche occupate Cipla-Interfibra-Flasko-Flaskepet. Da una parte, la compagnia statale petrolchimica venezuelana Sequiven venderà la materia prima alla Cipla a prezzi di favore e dall’altra la Pdvsa comprerà dalla Cipla delle condutture finite. Ma allo stesso tempo i lavoratori della Cipla-Interfibra forniranno la tecnologia e le conoscenze affinché il Venezuela possa impiantare diverse fabbriche che costruiscano strutture in Pvc per porte e finestre e altri materiali da costruzione. Questo permetterà al Venezuela di aggirare la dominazione del mercato in questo settore di prodotti plastici da parte di un pugno di multinazionali Usa.

L’importanza di questo accordo in realtà sta nel fatto che il governo venezuelano fornisce un aiuto diretto a un gruppo di fabbriche in Brasile che sono state occupate e gestite dai lavoratori e che sono stati minacciati numerose volte di essere sfrattati e incarcerati da parte della magistratura brasiliana. Questo accordo non può che incoraggiare i lavoratori in Venezuela e in tutta l’America latina a prendere il controllo delle loro aziende.


Internazionalismo e anti-imperialismo

L’incontro ha avuto anche uno spiccato carattere internazionalista. La presenza di una delegazione della Cob boliviana ha portato il soffio delle tradizioni rivoluzionarie dei minatori e degli operai boliviani. Jaime Solares, segretario della Cob, ha sottolineato “il ruolo decisivo del proletariato su scala internazionale” e ha aggiunto che “il socialismo non è morto, è ancora valido”. Solares ha anche avvertito del pericolo di un intervento internazionale contro la rivoluzione boliviana, e in particolare della minaccia posta dalla base militare creata di recente dagli Usa nella regione paraguaiana del Chaco, al confine con la Bolivia.

Si è discusso anche della situazione ad Haiti. Julio Turra, della Cut brasiliana, ha detto in termini inequivoci che “le truppe brasiliane a Haiti sono al servizio dell’impero”. La dichiarazione finale dei sindacati presenti all’incontro fa appello al “ritiro delle truppe occupanti da Haiti, dall’Iraq e dall’Afghanistan”.

C’è anche una decisa opposizione all’Alca, l’area di libero commercio promossa dall’amministrazione Usa. Come ha spiegato Ricardo Moreira, della Pit-Cnt uruguaiana, “l’unica vera integrazione non è quella commerciale, ma l’integrazione basata sulla classe operaia, che è la classe più rivoluzionaria”. I delegati dei sindacati argentini hanno annunciato uno sciopero nazionale per il 4 novembre contro la presenza di Bush al Summit delle Americhe di Mar del Plata.


Riunione di chiusura e conclusioni

Infine, dopo tre giorni di lavoro intenso e di discussioni, di scambio di esperienze da parte di diversi gruppi di operai che sono stati costretti a prendere possesso delle loro aziende per salvare la propria fonte di sostentamento, 500 lavoratori, sindacalisti e funzionari del governo venezuelano (inclusa la ministra del lavoro Maria Cristina Iglesias e diversi altri ministri) si sono riuniti per l’assemblea conclusiva.

L’ambienta era entusiasta e prima che la riunione cominciasse tutti gli operai si sono alzati in piedi gridando lo slogan reso popolare dal movimento argentino delle fabbriche occupate: “Aqui estan, estos son, los obreros sin patròn” (Siamo qui, siamo noi gli operai senza padrone!”). Quasi 200 lavoratori sono venuti dall’Argentina per partecipare a questo evento e il Movimento nazionale di imprese recuperate (Mner) di quel paese ha avuto un ruolo chiave nell’organizzarlo.

Sono state lette e approvate le conclusioni delle diverse commissioni ed è stato approvato per acclamazione un documento congiunto intitolato “L’impegno di Caracas”, letto da un dirigente della lotta di Caigua. I lavoratori delle fabbriche sotto controllo operaio hanno visto a loro volta approvata la loro dichiarazione politica che spiega l’importanza dell’incontro. “Siamo qui per far progredire il nostro movimento, per difenderlo, per aiutarci gli uni con gli altri e per rafforzare la nostra lotta contro il nemico comune dei popoli, il capitalismo, che porta guerra e prepara la miseria dell’intero pianeta.” La dichiarazione difende con forza il diritto a occupare le fabbriche: “I capitalisti, gli speculatori finanziari e le multinazionali sono i colpevoli dei fallimenti delle aziende. Ogni fabbrica chiusa è un cimitero di posti di lavoro. (…) Pertanto i lavoratori delle campagne e delle città hanno il diritto a occupare le fabbriche e la terra per difendere il proprio lavoro e la sovranità dei nostri paesi. Per questo abbiamo occupato le fabbriche e cominciato a produrre”.

La dichiarazione saluta l’annuncio di nuove espropriazioni da parte di Chavez: “In Venezuela, che sta vivendo una rivoluzione, i lavoratori hanno messo all’ordine del giorno l’esproprio sotto controllo operaio di queste aziende in modi diversi. Salutiamo l’annuncio del compagno presidente Chavez durante l’apertura di questo incontro, di due nuovi espropri di aziende, e il fatto che queste saranno poste sotto il controllo dei lavoratori. Questo è ciò di cui tutti noi necessitiamo nei nostri paesi”.

La dichiarazione spiega anche il carattere e gli scopi finali del movimento: “Vogliamo avanzare verso un’economia sotto il completo controllo dei lavoratori, così che possa essere pianificata nell’interesse di tutto il popolo. Il nostro movimento è anti imperialista e anticapitalista. È un grido e un movimento organizzato della classe operaia contro il regime della proprietà privata dei grandi mezzi di produzione, che può sopravvivere solo attraverso la guerra e lo sfruttamento e l’oppressione dei popoli”.

La dichiarazione avverte dei pericoli che minacciano il movimento: “La nostra resistenza non è passata inosservata ai padroni, al capitale e alle sue istituzioni internazionali, che tentano di perseguirci e di schiacciarci. Essi tuttavia cercano anche il modo di distruggere la nostra resistenza coinvolgendo i lavoratori in diverse forme di collaborazione di classe; tentandoli con la speranza di una integrazione individuale nel sistema capitalista”. Per resistere a questi tentativi è stato deciso di costituire una rete internazionale di aziende occupate e gestite dai lavoratori. “D’ora in poi, ci solleveremo come un solo uomo se in qualsiasi paese il governo ci attacca o minaccia di chiudere le compagnie che controlliamo”.

La dichiarazione si conclude con un appello ispiratore: “Se essi rubano la terra, noi la occupiamo. Fanno la guerra e distruggono le nazioni; noi difendiamo la pace e l’integrazione dei popoli con il rispetto della loro sovranità. Loro dividono; noi uniamo. Perché siamo la classe operaia. Perché siamo il presente e il futuro dell’umanità. Facciamo appello a tutti affinché continui questa lotta, si allarghi e ci incontriamo l’anno prossimo per rafforzare l’unità e la lotta che stiamo portando avanti uniti alla classe lavoratrice nel suo insieme e ai popoli, contro il comune nemico dell’umanità. Venceremos!”

L’incontro indubbiamente incoraggerà la lotta dei lavoratori in tutta l’America latina e oltre. Nell’incontro di apertura, Julio Turra della Cut brasiliana ha descritto come “quando il governo Chavez dichiara guerra ai latifondi, questo è una fonte di incoraggiamento per i compagni del Mas (il movimento dei Sem terra -NdT). Quando espropria i padroni che hanno organizzato il colpo di Stato, è un incoraggiamento per i compagni brasiliani che lottano da tre anni rivendicando che il governo espropri le loro aziende abbandonate”.

In Venezuela l’incontro non è rimasto confinato nelle quattro mura delle sale riunioni, ma è andato ben oltre. Entrambi i canali della Tv di Stato hanno trasmesso con evidenza i lavori della riunione e documentari sulle fabbriche occupate in diversi paesi. Operai delle fabbriche occupate sono intervenuti nella trasmissione settimanale “Aló Presidente”, gestita dallo stesso Chavez. Ora tocca ai lavoratori e al movimento sindacale in Venezuela raccogliere l’appello, mettere mano alla lista di 700 imprese che sono state chiuse dai padroni e cominciare a recuperarle. Qui i lavoratori hanno un presidente che simpatizza per la loro causa e che più di una volta li ha incoraggiati a imboccare questa strada.

Senza dubbio questa riunione passerà alla storia del movimento sindacale latinoamericano. Nelle parole già citate di Ricardo Moreira, della Pit-Cnt, “abbiamo mostrato come gli operai possano gestire le aziende e questo significa che allo stesso modo possiamo gestire la società”.

2 novembre 2005.