Venezuela, vittoria di misura per la rivoluzione: cosa accadrà adesso?

L'articolo che rendiamo disponibile ai nostri lettori è stato pubblicato ieri sul sito della Tendenza marxista internazionale. Nelle ultime 24 ore l'opposizione ha dato seguito alle parole del suo candidato, Capriles, che non ha riconosciuto il risultato elettorale, appoggiato dagli Stati uniti. La destra ha messo in atto infatti  una serie di attacchi indiscriminati alle sedi del Psuv e ai militanti bolivariani.

Nella giornata di ieri sei militanti chavisti sono stati uccisi e diverse sedi incendiate. Potete vedere le immagini di queste azioni qui e qui. Domani è in programma un corteo che si concluderà alla sede del  Cne (Consiglio elettorale nazionale) per contestare il risultato elettorale. Alcuni importanti dirigenti del Psuv stanno parlando di "colpo di stato in divenire" da parte dell'opposizione, e non sono lontani dal vero.

Il momento è decisivo per la rivoluzione venezuelana. Compito di tutti gli attivisti di sinistra e del movimento operaio in Italia è quello di prestare massima allerta e di essere pronti a mobilitarsi in sostegno alla rivoluzione, denunciando le manovre e la campagna mediatica dell'opposizione e dell'imperialismo. Su questo sito vi terremo regolarmente informati sui principali sviluppi della situazione.


Il candidato bolivariano Nicolas Maduro ha vinto le elezioni presidenziali del Venezuela del 14 aprile per un soffio. Con il 99,12% dei voti scrutinati e un 78,71% di affluenza, Maduro ottiene 7.505.378 voti (50,66%) e Capriles 7.270.403 voti (49,07%). Quest’ultimo ha dichiarato di non riconoscere il risultato e ha chiesto di ricontare i voti.

I risultati sono stati annunciati dal capo della Commissione elettorale nazionale (CNE), Tibisay Lucena, alle 11:45 ora locale, dopo una lunga e snervante attesa. Il motivo di questo ritardo è stato chiaramente il fatto che i due candidati erano così così vicini che volevano annunciarli solo una volta che fosse stato contato un numero di voti sufficiente da rendere il risultato definitivo. Ciò si è reso necessario perchè l’opposizione aveva già messo in giro voci su una propria vittoria e Capriles stesso aveva annunciato che il governo aveva intenzione di "cambiare i risultati".

Le masse bolivariane si sono radunate sotto Palazzo Miraflores per celebrare l’attesa vittoria e a loro ha rivolto un discorso Nicolás Maduro. Nel frattempo l'ambiente nel quartier generale dell'opposizione si faceva sempre più tetro. Un piccolo numero di sostenitori dell'opposizione è insorto nelle zone residenziali abitate dalla classe medio-alta come El Cafetal, nella zona Est di Caracas, dove hanno bruciato pneumatici e bloccato le strade.

Capriles ha annunciato di non voler riconoscere i risultati e ha chiesto una verifica completa del voto, sostenendo che avevano avuto luogo oltre 3.200 irregolarità. È stato sostenuto da un membro del CNE, Vicente Díaz, che a sua volta ha chiesto una verifica delle urne. La verità è, però, che l'opposizione aveva condotto una campagna implacabile per settimane per cercare di screditare il CNE e Capriles e altri portavoce dell'opposizione avevano gridato ai brogli ore prima che i risultati fossero annunciati. Questa è stata la loro strategia per tutto il tempo.

La prima cosa che deve essere detta su questi risultati è che questa è l'ennesima vittoria elettorale della rivoluzione bolivariana, per quanto di misura. La cosiddetta opposizione "democratica" non ha avuto problemi quando Capriles è stato eletto governatore dello stato di Miranda con 40.000 voti, o quando hanno vinto il referendum costituzionale nel 2007 con una strettissima maggioranza (1,4%). Allora la rivoluzione bolivariana accettò i risultati democratici. Lo schema è chiaro, ogni volta che l'oligarchia vince, accettano il risultato, ma quando perdono, urlano ai brogli.

Come Maduro ha sottolineato nel suo discorso per la vittoria, Bush è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti nel 2000, pur ottenendo meno voti del suo rivale (e ci furono diffuse accuse di brogli, che non sono mai state indagate). Per tutta la campagna elettorale, Maduro aveva insistito che lui avrebbe riconosciuto i risultati forniti dal CNE, anche se questi fossero stati contro di lui per un solo voto. Capriles invece ha sempre rifiutato di dire che avrebbe fatto lo stesso e ha rifiutato anche di firmare un documento in tal senso elaborato dalla CNE.

L'affluenza è stata oltre il 78%, solo 3 punti sotto il massiccio risultato del 7 ottobre dello scorso anno, quando Chávez è stato rieletto. Nonostante tutti i tentativi dell'opposizione e dell'imperialismo di mettere in discussione il carattere democratico delle elezioni, tutti gli osservatori internazionali hanno convenuto che sono state condotte in modo libero ed equo e che il sistema di voto è a prova di errore ed efficiente.

Il giorno delle elezioni era iniziato presto, come da tradizione, con gli attivisti rivoluzionari che hanno suonato la sveglia alle 3 del mattino e grandi numeri di persone che si sono recate ai seggi per tutta la mattina nei quartieri popolari. L'opposizione ha pubblicato le istruzioni per i loro sostenitori in cui li invitava ad andare a votare massicciamente nel pomeriggio, anche se non sembrano esserci state lunghe code nelle zone residenziali della classe media e alta, a qualsiasi ora del giorno. Per tutto il giorno l'atmosfera è stata tesa come lo era stata durante gli ultimi giorni della campagna elettorale. Paramilitari colombiani e salvadoregni sono stati arrestati all’interno del paese e accusati di aver tentato di effettuare azioni di destabilizzazione. Erano armati e alcuni di loro avevano in loro possesso uniformi dell'esercito venezuelano. Le forze armate hanno anche sequestrato un deposito di armi, munizioni ed esplosivi.

Leggerete sui media capitalisti ogni sorta di articoli su presunte azioni di violenza contro i sostenitori dell'opposizione, ma la verità è che sono stati gli attivisti bolivariani ad essere stati oggetto di ogni sorta di provocazioni e violenze. Vale la pena di fare alcuni esempi. Un gruppo di qualche decina di teppisti dell’opposizione ha tentato di dare alle fiamme il palazzo del governatore a Mérida alla fine di un comizio di Capriles. Un operaio della PDVSA, che è stava sparando fuochi d'artificio celebrativi per la grande manifestazione di chiusura della campagna elettorale di Maduro, il 10 aprile, è stato ucciso da due sicari su una moto. Il 14 aprile stesso, un operatore della tv comunitaria Barrio TV è stato colpito da uno sparo a El Valle mentre girava un servizio sulle elezioni.

Sono stati scoperti e resi pubblici anche dei dettagliati piani di destabilizzazione elaborati dall’organizzazione giovanile dell’opposizione, la Javu,. Il sostenitore bolivariano Potro Alvarez, un famoso giocatore di baseball e nonché cantante, è stato aggredito da una squadraccia esagitata dell’opposizione mentre andava a votare nel quartiere della classe medio-alta, dove vive, a Baruta, ad est di Caracas . Anche il giorno delle elezioni, un gruppo di attivisti rivoluzionari che stavano facendo un banchetto informativo, chiamato "punto rosso", a Los Ruices (Est di Caracas) sono stati circondati da una violenta folla di oppositori e hanno dovuto essere protetti dalla guardia nazionale. Mentre chiudevano i seggi c'è stato un attacco informatico a tutto campo, con il furto dell’account Twitter di Maduro, di un certo numero di ministri e prominenti attivisti bolivariani, così come la deturpazione del sito web della campagna di Maduro e l’oscuramento di tutta una serie di siti web ministeriali e del governo. Questo era tutto calcolato per creare incertezza e paura in un momento cruciale in cui tutti aspettavano i risultati delle elezioni. Questo è il vero volto della cosiddetta opposizione "democratica", che sono esattamente gli stessi individui, partiti e forze economiche che hanno organizzato il colpo di stato dell'11 Aprile 2002.

Un resoconto particolareggiato dei risultati non è stato ancora pubblicato, ma dai dati diffusi stato per stato si può vedere che l'opposizione questa volta è riuscita a recuperare gran parte del terreno perso nelle elezioni presidenziali del 7 ottobre e nelle elezioni regionali di dicembre. Ha infatti vinto a Mérida, Táchira, Zulia, Lara, Nueva Esparta e Miranda, che già controllava, oltre a conquistare Anzoátegui, che aveva già vinto nelle elezioni per l'Assemblea nazionale nel 2010. Significativamente, l'opposizione ha vinto nello stato chiave di Bolivar, dove si trovano le principali industrie di base statali e dove c'è un ambiente estremamente critico tra la base Bolivariana contro il governatore Rangel e la burocrazia in generale, a causa del loro ruolo nella lotta contro il controllo operaio. Eppure, Maduro ha vinto in 16 dei 25 stati del paese, compreso il Distretto della capitale e gli stati industriali di Carabobo e Aragua.

Nel suo discorso dal balcone del popolo di Palazzo Miraflores Maduro ha toccato un tema molto sensibile per le masse rivoluzionarie: quello di fare concessioni o di riconciliarsi con l'oligarchia e l'imperialismo. Ha detto di aver ricevuto una telefonata da Capriles un'ora prima che i risultati delle elezioni fossero annunciati in cui il leader dell’opposizione gli offriva un patto. Maduro ha detto di aver rifiutato tale patto e di aver risposto che la precondizione per eventuali trattative era il riconoscimento dei risultati delle elezioni, cosa che Capriles ovviamente si è rifiutato di fare.

Maduro ha ripetuto quello che aveva già detto in precedenza nel corso della giornata, cioè che non ci sarebbe stato alcun dialogo con la borghesia e che questo non era più il tempo dei negoziati "dietro le spalle del popolo". Pur non rifiutando di avere colloqui o una conversazione con dei "portavoce ragionevoli dell'opposizione", ha insistito sul fatto che ciò che era necessario era un vero dialogo "con il lavoratore, con il soldato" e che il dibattito deve perciò iniziare "nelle fabbriche, nel quartieri, al fine di sviluppare il Plan de la Patria (il programma elettorale di Chavez) e il lascito di Chávez”, che ha detto essere “la costruzione di un paese socialista".

Ha poi spiegato come durante la campagna elettorale si è scontrato con una sistematica campagna di guerra economica e di sabotaggio. "In ogni stato che ho visitato c’è stato  stato un black out di energia elettrica, che è tornata appena me ne sono andato", ha detto. È un dato di fatto, circa 23 persone sono state arrestate con l’accusa di aver partecipato al sabotaggio della rete elettrica. Lo stesso si può dire per il sabotaggio della catena di approvvigionamento alimentare, con la speculazione e l’accaparramento. Infine, ha ammesso la necessità di autocritica e di una "rettifica in profondità" e che il popolo deve partecipare a questo processo.

La dura verità è che questa è stata si una vittoria, ma solo con il più risicato dei margini, cosa che dovrebbe servire da serio avvertimento per la rivoluzione. Dal 7 ottobre, la rivoluzione bolivariana ha perso 680.000 voti, mentre Capriles ne ha vinto lo stesso numero. L'umore tra le masse rivoluzionarie è alto e c’è voglia di celebrare per aver conseguito l'ennesima vittoria, ma al tempo stesso vi è uno stato d'animo combattivo e arrabbiato di autocritica. Il malcontento accumulato verso la burocrazia "bolivariana" e i riformisti si sta trasformando in una richiesta militante peerchè si intraprendano azioni contro i sabotatori e gli elementi infiltrati all'interno del movimento rivoluzionario, in particolare tutti quei sindaci, governatori regionali e funzionari statali che giurano fedeltà a Chávez e indossano una camicia rossa, ma che in realtà sono solo arrivisti, opportunisti o peggio ancora, corrotti. Ci sono crescenti richieste di una purga all'interno del PSUV.

Maduro ha ragione nel dire che ciò che la rivoluzione sta affrontando è una guerra economica di logoramento da parte della classe dominante. Da questo bisogna però trarre tutte le conclusioni necessarie. L'unico modo per completare la rivoluzione, e difendere le sue enormi conquiste sociali, è colpire il potere economico della classe capitalista, che lo usa per sabotare la volontà democratica della maggioranza. Questo significa espropriare i mezzi di produzione, le banche e i latifondi, al fine di consentire la pianificazione democratica dell'economia nell'interesse della maggioranza della popolazione. Questo di per sé permetterebbe alla rivoluzione di affrontare problemi come l'inflazione, l'accaparramento e la speculazione, che stanno chiaramente avendo l'effetto desiderato di erodere la base sociale che sostiene la rivoluzione cioè i lavoratori e i poveri.

Il problema della corruzione e della burocrazia può essere affrontato solo introducendo la gestione e il controllo operaio a tutti i livelli dell’economia. Come può essere possibile che in un’azienda statale come la Corpoelec, produttrice e distributrice di energia, sia in atto un sabotaggio generalizzato? I lavoratori rivoluzionari lo denunciano da tempo e l’unico modo per debellarlo è attraverso il controllo operaio, allo stesso modo in cui si devono affrontare i furti e l’inefficienza su larga scala dell’industria di base nella Guayana.

L’ostacolo posto di fronte all’adozione di queste misure non è tanto la forza dell’opposizione. Nonostante la forte avanzata di Capriles di domenica scorsa, ancora il 70% della popolazione pensa che la presidenza Chavez sia stata positiva per il paese. La stragrande maggioranza della popolazione appoggia i programmi sociali introdotti dal governo bolivariano e se una parte significativa è stata attratta dalle sirene di Capriles è stato a causa dell’incapacità del governo di affrontare i problemi della totale disorganizzazione dell’economia, che sono il risultato della perdurante esistenza del capitalismo, e non il contrario.

I due mesi appena trascorsi hanno dimostrato che le masse bolivariane sono ancora disponibili alla lotta e sono molto superiori alle forze dell’opposizione per quanto riguarda la mobilitazione di piazza.

L’ostacolo verso il completamento della rivoluzione verso il socilaismo non è il “basso livello di coscienza delle masse” come credono i riformisti. È proprio il contrario! Che cosa si può chiedere di più ai lavoratori, ai giovani, alle donne, ai poveri dello schieramento bolivariano? Più volte hanno dimostrato di avere un acuto istinto rivoluzionario, una comprensione politica e una volontà di lotta molto sviluppati. Sono coloro che hanno salvato la rivoluzione in tutti i momenti cruciali, come ieri, e l’hanno spinta in avanti dopo ogni vittoria.

La pressione sui vertici bolivariani per assumere posizioni conciliatorie sarà molto forte. I mass media internazionali hanno già dipinto una situazione di “paese diviso”, di un “chavismo senza più richiamo” e insistendo sul fatto che Maduro non ha alcuna “legittimazione elettorale”. Il New York Times sta spingendo per una riconciliazione con gli Stati Uniti e ha pubblicato una dichiarazione di Bill Richardson, rappresentante all’Osa (organizzazione degli stati americani) ed ex governatore del New Mexico dove spiega come sia Maduro che il Ministro degli esteri Elias Jaua lo abbiamo avvicinato.

“Bill Richardson... ha riferito che Maduro lo ha chiamato da parte durante una riunione degli osservatori internazionali e gli ha chiesto di farsi latore di un messaggio” “Ha detto ‘vogliamo migliorare le relazioni con gliStati uniti, regolarizzare le relazioni’ ha rivelato Richardson. Il Ministro degli esteri, Elias Jaua, si è incontrato con Richardson domenica e ha detto che il Venezuela era pronto a restaurare i colloqui che erano stati interrotti tra le due nazioni, ha aggiunto Richadson”

Quello di cui parlano sia il NYT che la classe dominante Usa non è tanto il ristabilimento delle relazioni diplomatiche ma piuttosto che Maduro si debba spostare a destra e riconciliare con l’imperialismo. Questo è anche il significato del messaggio di appoggio avvelenato da parte di Lula, quando dice che Maduro dovrebbe “formare alleanze con altri settori”. Ignacio Ramonet andava nella stessa direzione la notte scorsa suTelesur, quando faceva riferimento al “dialogo politico con gli imprenditori, gli investitori, con settori dell’opposizione”. Con amici come questi, non c’è bisogno di nemici!

C’è un settore di burocrati e carrieristi che starà considerando se il campo bolivariano sia quello che potrà fornire le migliori garanzie per le loro carriere, che è l’unica cosa a cui sono interessati.  Tutta una serie di governatori delle regioni sono già passati all’opposizione negli ultimi anni e ora la pressione a saltare il fosso sarà ancora maggiore.

Se l’oligarchia fosse intelligente (cosa di cui non siamo sicuri) dovrebbe puntare a giocarsi le sue carte sul medio termine, combinando le denunce rispetto alla “frode elettorale” e gli appelli al riconteggo dei voti con il sabotaggio economico, offrendo al tempo stesso un accordo a tutta una serie di settori della burocrazia bolivariana.

Le masse lavoratrici rivoluzionarie sono l’unica garanzia contro queste manovre, che significherebbero una sentenza di condanna a morte per la rivoluzione. L’avanguardia rivoluzionaria, che è presente in ogni quartiere operaio, in ogni comunità contadina, in ogni fabbrica e in ogni caserma deve riorganizzarsi urgentemente attorno a un programma chiaro su come portare la rivoluzione fino in fondo e su come rispettare il lascito di Chavez per una società socialista.

Il rafforzamento di una corrente marxista all’interno del movimento bolivariano, organizzata attorno al giornale Lucha de clases è quindi cruciale, proprio perchè il marxismo rivoluzionario è l’unica ideologia che può fornire un’espressione compiuta alle aspirazioni rivoluzionarie delle masse bolivariane.

  • Difendere le elezioni attraverso la mobilitazione la vigilanza di massa!
  • Combattere il sabotaggio attraverso il controllo operaio!
  • Combattere le delocalizzazioni e la fuga di capitali attraverso l’esproprio dei mezzi di produzione, delle banche e dei latifondi!
  • Costruire una forte tendenza marxista all’interno del movimento bolivariano!

Source: Venezuela, vittoria di misura per la rivoluzione: cosa accadrà adesso? (FalceMartello, Italy)