Bolivia - Bilancio dello sciopero: per salvare la rivoluzione serve la mobilitazione e un programma combattivo

Dopo 12 giorni di proteste, la lotta dei lavoratori giunge a una conclusione sulla base di un accordo che opera una mediazione fra le posizioni dei lavoratori e quelle del governo. L'ennesima dimostrazione (ed è la prima cosa da notare) che solo attraverso la mobilitazione i lavoratori possono influenzare e orientare le decisioni del governo.  una lezione che deve essere assunta in tutto il suo significato, perché l'accordo è solo un avanzamento parziale che non affronta le questioni fondamentali,  economiche e politiche, che vengono trascurate.

I contenuti dell’accordo

Per quanto riguarda la questione salariale si è giunti ad un accordo di un aumento dell’11%, al quale si potrebbe aggiungere un altro punto percentuale sulla base di una analisi della legge finanziaria. L'aumento entrerà in vigore con effetto retroattivo dal mese di agosto e per tutto questo anno. Inoltre sarà possibile modificare tutte le leggi che provengono dal 21060 (il decreto del 1985 che, fra le altre cose, agganciò il peso al dollaro, liberalizzò i mercati e licenziò i due terzi dei dipendenti statali, ndt) fino all’abrogazione del decreto, recuperare le imprese privatizzate, alcune concessioni minerarie improduttive, le concessioni di due società minerarie multinazionali che operano principalmente nel dipartimento di Potosí: la Glencore svizzera e la Pan American Silver nordamericana. Una commissione con a capo la COB discuterà la ristrutturazione del Fondo Sanitario Nazionale.

La riunione della direzione della COB – anche se tra le critiche - ha accettato l'accordo sospendendo tutte le iniziative di lotta, decisione rispettata da tutte le categorie dei lavoratori. Il corpo insegnante esige dal governo di non detrarre le ore non lavorate dagli stipendi dei docenti per i giorni di sciopero e una particolare attenzione alle loro esigenze di categoria, una rivendicazione che è stata sostenuta da Pedro Montes, dell’esecutivo della COB. È un altro elemento qualitativo che evidenzia l'unità del movimento operaio in questo momento. Lo sciopero per il salario dello scorso anno si è concluso con un accordo (firmato nel comune di Panduro) che ha prodotto delle divisioni tra le fila del sindacato, permettendo al governo di attaccare coloro che erano rimasti in lotta, in particolare gli insegnanti, con detrazioni salariali.

La necessità di un programma rivoluzionario

Questa rinnovata unità è per i lavoratori motivo di soddisfazione più importante dello stesso aumento salariale conquistato. La richiesta salariale della COB si è scontrata con un muro di obiezioni “tecniche” del governo e inviti a far sì che i lavoratori presentino proposte per recuperare le risorse economiche per ulteriori aumenti. In nessuna parte del mondo sono i lavoratori in lotta che devono dire dove si debbano prendere i soldi per gli aumenti salariali più consistenti e generalizzati. Tuttavia, una volta accettato questo terreno di dialogo con il governo, la COB ha perso la capacità propositiva che andava oltre la demagogia e la polemica facile ( i costi dell'aereo presidenziale, telecomunicazioni via satellite, riserve internazionali) e di essere incisiva nel porre questioni di carattere generale.

L’11 o il 12 per cento che è stato raggiunto oggi, è appena sufficiente per un parziale recupero del potere d'acquisto dei salari di fronte all'inflazione accumulata tra il marzo 2010 e marzo 2011 (11,1%) e totalmente insufficiente rispetto all’aumento dei prezzi dei generi alimentari nello stesso periodo (18,5%). I soldi per aumenti salariali ben maggiori e generalizzati si poteva e si può ancora trovare nei 430 milioni dollari di guadagno delle banche private, che speculano sull’inflazione e l'emissione di titoli a sostegno della politica monetarista e filo-capitalista del ministro Arce Catacora, il quale  emblematicamente disertava le riunioni con i lavoratori per riunirsi con la FMI e la Banca Mondiale. Nei milioni di dollari guadagnati dalle imprese minerarie multinazionali con l’irrisorio contributo del 4% versato allo Stato. Nell’enorme aumento dei profitti delle multinazionali del petrolio che, nonostante paghino più tasse allo stato, guadagnano comunque di più per effetto dell’aumento del prezzo internazionale del gas e del petrolio e sabotano la produzione nazionale. Nelle sovvenzioni in gas e benzina acquistata da Petrobras, che costa alla Bolivia qualcosa come 700 milioni di dollari all'anno (fonte: Hora25).

Queste sono le questioni che rendono politicamente legittime le rivendicazioni salariali dei lavoratori e infondate  le obiezioni “tecniche” del governo. È necessario che le avanguardie politiche del movimento operaio partano dal tema salariale per vincolarlo a un programma più generale, che assuma come terreno di negoziazione con il governo le contraddizioni della lotta, cioè quello che si definisce "tecnicamente" impossibile, ossia un maggiore aumento salariale. Un programma rivoluzionario che includa le rivendicazioni dei contadini e della piccola borghesia insieme a quelle dei lavoratori.

I minatori e l'accordo

I minatori sono stati i primi ad accettare l'accordo. Come i dirigenti della FSTMB hanno dichiarato più volte e la disponibilità degli stessi lavoratori ha dimostrato, l’attenzione dei minatori era diretta a questioni di fondo - riattivazione del sistema produttivo e in particolare il decreto 21060 - e la loro mobilitazione non era contro il governo ma per riorientare la sua azione, al fine di influenzare le sue decisioni a beneficio del processo rivoluzionario e del popolo. Dopo aver ottenuto l'apertura di un dialogo da parte di Evo Morales si sono ritirati aspettando di vedere i risultati e allo stesso tempo preparandosi a tornare in piazza se i negoziati non fossero riusciti.

Secondo Guido Mitma, dirigente della FSTMB, si è arrivati a "superare la percentuale del 10% di aumento salariale", ottenendo soprattutto la riattivazione del sistema produttivo che dovrebbe essere "a carico dello Stato", da cui trarranno beneficio "i nostri compagni disoccupati e il popolo". Senza dubbio tutta la questione della "riattivazione del sistema produttivo" rimane molto generica, se non si va al cuore del problema, ossia alla questione di uno Stato sempre più indebitato internamente ed esternamente e con risorse ridotte, il quale oppone ai benefici dei boliviani quelli del capitale imperialista e dei suoi agenti nativi e alla difficoltà di poter pianificare realmente l'economia, perché non si può pianificare ciò che non si controlla né controllare ciò che non ti appartiene. Un esempio di ciò è la scarsità di zucchero. 1.500 famiglie di produttori di canna da zucchero in Bermejo producono abbastanza per soddisfare i bisogni di tutta la Bolivia, ma secondo il loro leader S. Arroyo sarebbero necessarie altre raffinerie. Quelle boliviane sono private e privilegiano la produzione di etanolo a quella dello zucchero.

I minatori sono arrivati alla lotta dopo aver rotto il proprio patto con il governo. La conclusione alla quale sono arrivati, che è necessario mobilitarsi per essere veramente parte delle decisioni prese, è piena di conseguenze che vedremo più chiaramente nel prossimo periodo, con il prolungarsi della crisi e il sabotaggio dell'economia da parte dei capitalisti. E sicuramente ravviveranno il dibattito tra le stesse fila dei minatori della Bolivia.

La presenza e la prospettiva portata dai minatori è stata estremamente importante per rafforzare lo sciopero con la minaccia di un blocco nel settore portante dell'economia boliviana, le miniere, allo stesso tempo per neutralizzare i tentativi di promuovere scontri sociali e isolare socialmente la COB, tacciando la sua mobilitazione di essere di destra, perché i minatori stavano cercando di portare avanti rivendicazioni che gettassero un ponte con la classe media impoverita, i disoccupati e il popolo Questa è la ragione per la quale condividiamo fin dall'inizio la visione generale della FSTMB.

Per questo sono giustamente i minatori della Bolivia quelli che dovrebbero iniziare a prendere concretamente in considerazione la necessità di un programma più ampio e definito, in grado di collegare le rivendicazioni immediate, comprese quelle salariali, con la prospettiva di una lotta per la radicalizzazione del processo e perché le imprese multinazionali e nazionali sabotatrici paghino gli effetti della crisi. L'importanza dei minatori per l'intera classe lavoratrice boliviana e il loro obiettivo dichiarato di riorientare la lotta pone i minatori nella posizione migliore per diventare il punto di riferimento sociale di tutto il malessere nelle fila del popolo. Tuttavia, per concretizzare questa possibilità è essenziale stabilire non solo un programma, ma anche un'organizzazione che intervenga in tutti i settori lavorativi e sociali per dare vita a questo programma.

Limiti della mobilitazione

Come abbiamo scritto in precedenza il governo ha cercato fin dall'inizio di separare i minatori dalla mobilitazione, ottenendo solo una diversa scala di priorità nelle loro rivendicazioni in modo da porre la questione salariale in un secondo momento. Tuttavia nel contesto attuale il problema dei salari è una questione politica. Le ridotte risorse per i salari sono nulla in confronto a ciò che il governo dà ai settori speculativi e improduttivi dell'economia nazionale, e in primo luogo le banche private. La questione salariale dovrebbe e deve essere utilizzata come questione di fondo contro la miserabile e destrorsa politica monetaria del ministro Arce insieme alla richiesta delle sue dimissioni.

C'era un'interesse perché la lotta non sfociasse nella questione salariale, sia da parte dei tecnocrati del governo, affinché non venissero sottoposte a controllo le direttive di politica economica tacciando di “egoismo” la mobilitazione della COB, sia da parte  della direzione stessa della COB che voleva un accordo a tutti i costi per riprendere il controllo della base, e da parte delle componenti politiche della COB in opposizione al governo che altro non volevano che si mantenesse e si mantenga ancora mobilitata la base fino al discredito politico del governo. Tutto ciò ha limitato la prospettiva politica e la portata dello sciopero e rappresenta un altro elemento di un bilancio necessario.

Le lezioni del conflitto

Questo sciopero ha accresciuto l'irreparabile crisi di credibilità di tutto l’entourage di ministri e consiglieri del governo. Il tentativo di mobilitare i contadini indigeni contro i lavoratori ha dimostrato il grado di malcontento tra le fila di questo settore. L'ascesa e la radicalità delle mobilitazioni evidenziano le contraddizioni socio-economiche sulle quali si discute al fine di trovare un’impossibile conciliazione di classe. Il governo dovrebbe imparare la lezione e cominciare ad appoggiarsi sulla mobilitazione dirigendola contro il capitalismo, perché questa è l'unica strada giusta per procedere e recuperare il sostegno del popolo.

I riformisti cercano ora di attribuire questa radicalità all’azione di "agenti provocatori"e a un presunto "egoismo" dei lavoratori. Questi "teorici" che vogliono vedere nel "salarialismo" la manifestazione di una visione ristretta dei lavoratori dimostrano tutto il loro opportunismo quando rimangono in silenzio di fronte ai profitti di banche private, multinazionali, ecc. e la politica monetaria filo-capitalista del ministro Arce. Questi sono i veri nemici della lotta, i fedeli custodi del suo riflusso.

A pochi mesi dal gasolinazo e al centro di una crisi politica ed economica i lavoratori prendono coscienza della loro forza e del fatto che solo con la mobilitazione si può realmente approfondire il processo rivoluzionario, difenderlo e dirigerlo, strappandolo dalle mani di dirigenti per restituirlo ai suoi reali protagonisti: i contadini e i lavoratori. La mobilitazione della classe operaia ha dimostrato il malessere che esiste in tutti i settori popolari, guadagnando anche il sostegno dei sindacati e delle organizzazioni indigene. Però né il settarismo di sinistra né il riformismo opportunista gli hanno permesso di estendere tale sostegno, trasformando l’apatia di coloro che erano stati  chiamati alla mobilitazione contro i lavoratori in una mobilitazione al fianco dei lavoratori stessi.

Il riformismo si serve del settarismo per rivolgere un appello alla base alla “difesa” del processo, distraendo l'attenzione dalle contraddizioni della lotta. Il settarismo rappresenta un ostacolo affinché i diversi settori, tra cui la classe operaia, siano pienamente integrati nella lotta, senza timore di essere confusi con la destra o di pregiudicare la rivoluzione ancora prima di essere in grado di dirigerla. Solo i settari possono trovare sostegno sulla base di concessioni al capitalismo e all'imperialismo da parte dei riformisti nel governo. Solo sulla base di un programma rivoluzionario affinché il popolo prenda il controllo dell'economia una volta per tutte e l'organizzazione della battaglia politica per l'approfondimento della lotta, è possibile lasciare il vicolo cieco del riformismo e del settarismo. Questa è una lezione che lo sciopero dimostra una volta di più.

20 aprile 2011